Il “no al riarmo”, slogan del pacifismo politico italiano, coltivato nella maggioranza (la Lega di Salvini) e nell’opposizione (M5S, Verdi e Sinistra), viene associato al pacifismo ideologico e politico, trova consenso in un’area politica trasversale e si manifesta attraverso forme di protesta, come nella organizzazione di un corteo e di una piazza a Roma proprio nella giornata di sabato 5 aprile.
“…la parola pace, avverte Franco Arminio, è una parola che divide come se fosse certificato che l’umanità debba accettare la logica della sopraffazione. “ Il pacifismo sarebbe non reagire, il reagire alla guerra volendo la guerra? E’ possibile essere pacifisti? E fino a che punto? Erri De Luca, scrittore e poeta, crede “al diritto dei popoli di. Battersi contro una invasione o contro una oppressione”. Non mi posso dichiarare pacifista, dichiara. Oggi, ci ricorda De Luca, le guerre si fanno addosso ai civili. Del resto, il posto posto più in pace al mondo si chiama Camposanto: solo Dio ci dona la pace, secondo le grandi religioni, noi “al massimo possiamo ottenere delle tregue”. Il paradiso in terra senza conflitti non esiste, e bisogna pur prenderne atto. Magari cercando di disarmare le parole, come esorta Papa Francesco. Resta il fatto che se uno entra a casa nostra e vuole prendersi nostra figlia, pacifista o no, faccio la guerra. E se la tua casa è una nazione, prendi le armi per respingere l’oppressore.
Raramente correttamente seguiti, più spesso contraddetti, i pacifismi sono declinati dal contesto storico, piuttosto che dai principi evocati. In linea di principio ci sarebbero tre modalità: il pacifismo assoluto, che rifiuta completamente l’uso della violenza in ogni forma; il pacifismo attivo, che si oppone alla guerra e alla violenza, ma promuove attivamente metodi non violenti per creare cambiamento; il pacifismo pragmatico, che considera il contesto e può accettare la violenza come estrema ratio in particolari circostanze. Sono opzioni culturali, ideologiche e politiche, che spiegano poco i comportamenti e le azioni concrete.
Emergono perciò ambiguità, le posizioni possono apparire ipocrite o acquiescenti se, pur professando valori pacifisti, non si oppongono attivamente alle ingiustizie o se non propongono soluzioni pratiche nella condizione data. La rinuncia alla difesa, per esempio, può essere vista come un’opzione possibile, ma il suo successo dipende dalle circostanze in cui viene applicata. In alcuni casi, potrebbe essere considerata viltà se si ignora il dovere di proteggere se stessi o altri da minacce dirette. Invocare la pace, per fare un esempio concreto, nella guerra d’invasione in Ucraina, oggettivamente trova il favore dell’aggressore (la Russia di Putin). Pacificare l’Europa aggredita attraverso la spartizione delle risorse in Ucraina (l’America) incontra il favore di Donald Trump.
I critici sostengono che il pacifismo assoluto possa portare a una incapacità di difendersi o di proteggere vite e libertà in situazioni di aggressione, permettendo ai violenti di prevalere; e rifiutare ogni forma di violenza possa ridurre la capacità di prendere decisioni in situazioni estreme, limitando il diritto di preservare le proprie libertà.
Si può argomentare legittimamente che i pacifisti assoluti a volte utilizzano mezzi non pacifici per promuovere le loro idee, il che può suonare contraddittorio; non affrontino adeguatamente le dinamiche di potere e i conflitti complessi, portando a una soluzione manichea e poco realistica, e possano essere strumentalizzati da coloro che non condividono i loro valori, divenendo di fatto più vulnerabili.
Alcuni pacifisti ricorrono a metodi violenti o coercitivi per far valere le proprie convinzioni, ad esempio in manifestazioni di protesta;
del pari, ignorare o minimizzare le ingiustizie quando non colpiscono direttamente i loro interessi o valori, mostra una selettività che può apparire ipocrita, e predicare il pacifismo in situazioni in cui è necessario proteggersi da atti di violenza costituire una forma di ipocrisia, che si rifiuta di riconoscere le complessità delle situazioni.
A volte il linguaggio pacifista viene usato da chi ha accesso a potere e privilegi, al fine di mascherare comportamenti oppressivi, e si trassforma in un comodo alibi per giustificare le proprie azioni.
La mia idea di pacifismo è semplice, replica la mia idea di libertà, che ha un limita invalicabile: il rispetto assoluto della libertà altrui. E’ grazie a questa semplice idea, chiamiamolo pure principio non negoziabile, che l’umanità ha cercato e poi guadagnato il valore delle libertà, individuali e collettive, e dell’indipendenza delle nazioni. La difesa di questi valori primari è garanzia di pacifica convivenza fra popoli. Per questa ragione milioni di pacifisti nella storia hanno dovuto imbracciare le armi, che pure vituperavano, e sacrificato le loro esistenze.
Se mi chiedessero chi sia il nemico più inquietante della pace oggi, risponderei che è il sovranismo, l’ideologia secondo la quale ogni nazione si deve arricchire anche a danno di altre, e il pacifismo di chi nasconde la testa della sabbia per stupidità, interesse, consenso politico. La prepotenza, il cinismo, l’ignoranza sono i giganti contro cui il pacifico Don Chisciotte combatteva. Armato di lancia.








