Luigi Pirandello ha trasformato una condizione umana in una filosofia di vita che suscita una percezione distorta della realtà: chi occhi vedono ciò che vogliono vedere, le orecchie ascoltano ciò che vogliono ascoltare. Eravamo stati avvertiti, due millenni e mezzo fa Platone, che fidarsi delle ombre non è una buona cosa. Se l’interesse – di qualunque sia- ci sovrasta avvertiamo ciò che ci compiace e rassicura. La politica è la più permeabile alle distorsioni, perché è la meno lungimirante, ama le scorciatoie e perciò, assai spesso, va a sbattere.
Giorgia Meloni e i suoi sodali hanno una visione funzionale e confortante del trumpismo: flluido, giocherellone, malleabile, istintivo, compatibile con l’ideologia suprematista e la fascinazione dell’uomo forte, declinabile a seconda delle circostanze. Quanto il cappellaio matto annuncia non abbia niente a che vedere con i fatti, sia semplicemente tattica, magari esasperata ma tattica, che mira a spaventare, minacciare, asservire. Perciò occorre dare tempo al tempo, avere pazienza, confidare nelle buone relazioni, ed in ogni caso, evitare di rispondere a muso duro perché scendere in campo di battaglia, dopo la dichiarazione di guerra e i lanci delle prime munizioni (i dazi contro il mondo intero, Italia compresa), innescherebbe un effetto domino distruttivo.
Avendo scelto il trumpismo percepito (il direttore del Foglio, Claudio Cerasa, ha scritto sul tema un articolo divertente ), Giorgia Meloni si protegge lanciando “esche” nell’arco di tempo “percepito” fra gli avvertimenti (per i giornali finanziari, minacce degne di don Corleone) e la realtà. Si sente, non a torto, un bersaglio per gli avversari politici che gli addebitano una relazione tossica, che potrebbe nuocere sia al suo governo che al Paese. Piuttosto che affrontare la realtà, e adottare contromisure, si serve di diversivi per distrarre l’attenzione: vere e proprie esche sviluppate per ingannare i sensori ottici delle opposizioni e consentire al “bersaglio” ingaggiato di confondere l’aggressore potenziale.
Le esche, invero, non hanno funzionato (Ventotene è stata una dura lezione per le opposizioni): il decreto legge sicuritario votato in emergenza da un consiglio dei ministri che avrebbe dovuto occuparsi dei dazi, il durissimo attacco all’Europa, (colpevole di avere eroso risorse destinate al Green Deal), il j’accuse di Mantovano ai giudici (accusati di erodere la volontà popolare ,peggio che le toghe rosse), laprovocazione del Ministro Foti a Ursula von Derleyen alla vigilia del bilaterale con Trump il 16 aprile (“Ci va da leader in un’Europa senza leader”, un cadeau per Trump e la sua antica voglia di spacchettare l’Europa , nata per “fottere” l’America.
Sfugge ad ogni comprensione questa sorta di limbo “proattivo” del governo italiano. La Casa Bianca ha una idea: sovvertire l’ordine mondiale per riportare le risorse negli States saccheggiati da amici e nemici con modalità mafiose (lo staff trumpiano è stato ribattezzato come “i trumperos”, a imitazione dei Sopranos, la serie TV dedicata alla mafia siciliana). Il progetto di Trump ha bisogno del dominio economico degli States: un disegno internazionale, ed è proprio questa internazionalità che non lascia chances alle relazioni privilegiate. Il risultato è che l’Italia naviga fra le rive di un fiume, che non controlla e potrebbe travolgerla.








