Dietro il sipario dorato della Casa Bianca, tra droni segreti e missili tweetati, le cronache raccontano che la liaison tra Musk e Trump non sia finita per incompatibilità caratteriali, quanto piuttosto per eccesso di compatibilità. Entrambi hanno desiderato ardentemente la guida della navicella spaziale chiamata America, dimenticando che per manovrare serve una cabina di comando unica, non un tandem eccentrico. Nelle sale ovali, tra batterie Tesla nascoste dietro gli arazzi e schermi di smartphone accesi a mezzanotte, si sono tenute discussioni che nemmeno Machiavelli avrebbe immaginato. Musk proponeva la colonizzazione marziana come soluzione al debito pubblico, Trump rispondeva con hotel griffati sulla Luna, campi da golf tra i crateri e una riviera per magnati sulla costa palestinese, su cui ancora oggi piovono le bombe piuttosto che la pace promesse i quattro e quattr’otto da Trump.
In quelle notti tempestose di inizio mandato alla Casa Bianca, il brain storming sfociava spesso in brain tsunami, lasciando collaboratori inermi davanti alla tempesta di idee, eccessi e coinguettii fulminanti. Alcuni insider riferiscono che Musk, esasperato, avesse minacciato di spedire Trump nello spazio senza biglietto di ritorno, mentre Trump, con inimitabile sarcasmo, abbia promesso a Elon una carica politica inventata apposta per lui: il “Ministro dei razzi persi nello spazio”.
L’incipit effervescente di un corsivo Massimo Gramellini sul Corriere della Sera (3.4.25) ci mette di buon umore. Tra Trump e Musk è già tutto finito. Chi l’avrebbe detto, eh? Che durassero comunque tre mesi. Considerata la stabilità dei rispettivi caratteri, è possi- bile che ci ripensino e rimangano insieme alla Casa Bianca, oppure che la affittino a Putin per le vacanze, o ancora che si facciano ibernare in Groenlandia dopo averla in- vasa a cavallo di una Tesla mascherata da iceberg.
Contrariamente a quel che ci addebita Gramellini, ce l’aspettavamo, ce lo auguravamo anzi; e lo abbiamo pefrino ardentemente sospettato che la storia di questi due cavalli impazziti – anarchici, cinici, fuori da ogni schema, pianificatori del disordine sistematico, capaci di imprese impossibili – arrivasse alla fine prematura (o a una pausa di riflessione, chissà!). I motivi dello scioglimento del vincolo? Gramellini ci ragiona con leggerezza. Da quando Musk aveva liberato l’estremista che è in lui, i titoli delle sue aziende erano precipitati. Strano che uno così sen- sibile alle teorie complottiste non sapesse che i potenti veri non salgono mai sul pal- coscenico della politica; si limitano a met- tere o togliere la corrente del denaro che muove il sole e le altre stelle. Ora tornerà dietro le quinte, sempre che Trump non abbia già venduto anche quelle.
Molto più modestamente noi ci affidiamo a vecchie profezie, pillole di saggezza. Quando si sale cavallo ed il cavallo è uno solo, qualcuno deve pure stare dietro, non si sfugge a questa regola. Trattandosi dell’uomo più ricco del mondo, Musk, e dell’uomo più potente al mondo, Trump, si sono scatenate le ipotesi, illazioni, previsioni, analisi. Per intanto, godiamoci questa separazione delle potenze. Meglio che niente, si fa prendere fiato. Approfittiamone per dare uno sguardo su quel che accade Oltreoceano.
Se oggi i due giganti del caos organizzato hanno deciso per una pausa, non è detto che domani non tornino insieme, riuniti dal collante irresistibile dell’ambizione o da un nuovo, folle progetto per rimodellare il globo terrestre. O marziano, a seconda degli sviluppi del prossimo brain storming. Restate sintonizzati: nel circo dell’assurdo, l’intervallo è solo l’inizio del secondo atto.







