Tutti i presidenti, primi ministri, re, regine e ambasciatori chiameranno per chiedere esenzioni dai dazi. A loro dico di eliminare le tariffe e le barriere. Smettete di manipolare le valute, il messaggio di Trump che invita il mondo a “comprare merce americana per miliardi”, non tradisce gli annunci della vigilia, nemmeno nei toni, non solo nei contenuti, dando alla guerra commerciale – la più stupida della storia per il paludato Wall Street Journal, quella mistura indigeribile di sarcasmo e profezia dispotica, quasi che il Presidente USA provasse grande compiacimento nell’usare i velenosissimi dazi contro amici e nemici.
L’annuncio del presidente Donald Trump di una nuova era protezionistica con l’introduzione di “dazi reciproci” verso Europa, Cina e altre economie mondiali non rappresenta solo una dichiarazione di indipendenza economica americana, ma costituisce una sfida globale che potrebbe ridisegnare profondamente le dinamiche del commercio internazionale. Trump parla di “Liberation Day” e di una “età dell’oro americana” resa possibile da tariffe che penalizzano gli storici partner commerciali degli Stati Uniti, inclusa l’Europa, accusata di “aver derubato” l’America per decenni.
Dietro le parole roboanti si nasconde un preciso messaggio politico ed economico: i dazi non sono semplici strumenti di politica economica, ma autentiche sanzioni mirate a punire quelle economie percepite come “avversarie” o semplicemente poco collaborative con l’agenda americana. Il carattere punitivo è evidente nei toni usati contro l’Europa e le economie asiatiche, mentre l’atteggiamento verso il Regno Unito è nettamente più indulgente, rivelando la preferenza di Trump per stati nazionali autonomi piuttosto che blocchi regionali integrati.
In questa tempesta geopolitica, l’Italia affronta rischi enormi in settori strategici quali automotive, manifattura e agroalimentare. Eppure, sorprendentemente, il governo italiano opta per una posizione di attesa. Matteo Salvini, leader della Lega, vede addirittura un’opportunità in questi dazi, mentre la premier Giorgia Meloni indica che l’Europa “si è persa”, suggerendo implicitamente che la responsabilità delle sanzioni americane ricada proprio sull’integrazione europea e le sue istituzioni.
Questa postura attendista, se non addirittura compiacente, del governo italiano riflette chiaramente la matrice ideologica sovranista e filo-trumpiana, che vede nell’Europa un avversario piuttosto che un partner strategico. È una visione miope e pericolosa, incapace di cogliere la portata reale del pericolo economico derivante da un’America isolazionista e nazionalista, che preferisce punire l’Europa piuttosto che collaborare con essa.
Mentre altri paesi europei preparano risposte strategiche e coordinate, l’Italia resta in disparte, sperando forse che le dichiarazioni di amicizia e vicinanza politica con Trump possano mitigare l’impatto economico dei nuovi dazi. Ma questa speranza rischia di infrangersi rapidamente contro la dura realtà economica: le tariffe non guardano in faccia alle alleanze politiche ma solo ai numeri del commercio internazionale.
In definitiva, l’atteggiamento attendista del governo italiano rischia di lasciare il paese isolato e impreparato davanti a una crisi economica e commerciale che, al contrario, richiederebbe tempestività, coesione e soprattutto una chiara visione strategica. Il governo deve decidere rapidamente se seguire il miraggio ideologico di un’amicizia sovranista con Trump o se scegliere, pragmaticamente, la solidarietà europea per tutelare davvero gli interessi economici del Paese.
 
			 
			







