Nella Domenica delle Palme del 2025, due tragedie si sono consumate: a Gaza e a Sumy, in Ucraina. Dal 7 ottobre 2023, l’offensiva israeliana sulla Striscia di Gaza ha causato oltre 50.944 morti e 116.156 feriti, in gran parte civili, donne e bambini. Il 13 aprile 2025, un raid ha colpito l’ospedale Al-Ahli, l’ultimo funzionante a Gaza City, distruggendo il pronto soccorso e causando la morte di un bambino durante l’evacuazione. Israele ha giustificato l’attacco sostenendo che l’ospedale fosse utilizzato da Hamas come base militare, accusa respinta da Hamas e dalla Chiesa anglicana che gestisce la struttura. In totale, 35 ospedali sono stati resi inoperativi dall’inizio del conflitto.
Sempre il 13 aprile 2025, la città ucraina di Sumy è stata colpita da due missili balistici russi durante le celebrazioni della Domenica delle Palme, causando 34 morti, tra cui due bambini, e 117 feriti. L’attacco ha colpito il centro cittadino, distruggendo edifici residenziali e un trolleybus pieno di passeggeri. Il presidente ucraino Zelensky ha definito l’attacco un atto di terrorismo deliberato.
Benjamin Netanyahu, premier israeliano, guida un governo di estrema destra che ha intensificato l’offensiva su Gaza, ignorando le richieste internazionali di cessate il fuoco. Vladimir Putin, presidente russo, continua la sua guerra in Ucraina, colpendo obiettivi civili e causando migliaia di vittime. Entrambi agiscono con impunità, sfruttando la debolezza della comunità internazionale.
Di fronte a queste tragedie, l’Italia e l’Europa si limitano a invocare la pace senza proporre soluzioni concrete. Le dichiarazioni di condanna non sono accompagnate da azioni efficaci per fermare le violenze o per sostenere le vittime. La mancanza di una strategia chiara e di iniziative diplomatiche incisive rende l’Europa complice, seppur indirettamente, di questi massacri.
Due massacri, due carnefici, e un’Europa che osserva in silenzio. La pace non si costruisce con parole vuote, ma con azioni concrete e coraggiose. Assumendosi la responsabilità di indicare soluzioni, pretendere rinunce, schierarsi. Invocare la pace, altrimenti, lascia l’amaro in boca di ogni ipocrisia, di ogni furbizia, di ogni rivcerca di consenso. Un uso strumentale della pace per raccogliere consenso. È tempo che l’Italia e l’Europa assumano un ruolo attivo nel fermare queste tragedie e nel promuovere una pace giusta e duratura, uscendo dalle mere posizioni di principio, qualunque esse siano.







