Prima della sua elezione al soglio pontificio come Papa Leone XIV, il cardinale Francis Prevost era noto come uno dei più raffinati lettori contemporanei di Agostino. Allievo della scuola agostiniana francese, formatosi tra Parigi e Leuven, Prevost aveva sviluppato una teologia dell’ordo amoris come giustizia relazionale e non come struttura gerarchica di tipo statico. Nel celebre discorso pronunciato nel 2023 al Pontificio Istituto Orientale, Prevost (allora ancora cardinale) ha condannato apertamente l’uso del ordo amoris come giustificazione teologica per un nazionalismo identitario. Senza nominare direttamente Vance, la sua critica era inequivocabilmente rivolta alla sua visione:
“L’amore ordinato non è amore per la patria contro l’altro, ma amore per la giustizia attraverso l’altro. Chi trasforma l’amore in una dottrina di preferenza etnica o linguistica tradisce la grammatica stessa della carità agostiniana.” Questa dichiarazione, recepita anche nei media internazionali, ha segnato un punto di svolta nel confronto fra Santa Sede e ambienti ideologici MAGA.
Con l’elezione di Francis Prevost al pontificato, il contrasto con la Casa Bianca trumpiana potrebbe assumere tinte escatologiche: non si tratta più di una divergenza di politiche migratorie o sociali, ma di una frattura antropologica e teologica. La Civitas Dei e la Civitas terrena vengono reinterpretate oggi da una parte, la Chiesa universale, attenta alla misericordia come principio politico; dall’altra, la nazione eletta, fondata sull’esclusività e la nostalgia identitaria. Papa Leone XIV ha quindi riposizionato l’ordo amoris come criterio ecclesiologico contro ogni etnocentrismo politico.
Leone XIV ha insistito, in continuità con Fratelli Tutti, sul fatto che l’ordine dell’amore non può giustificare esclusioni, perché l’amore “ordina” solo se si fonda sulla giustizia universale. Ciò implica una serie di effetti: la critica alle “comunità affettive chiuse” (come quelle evocate da Vance); il rifiuto di ogni “preferenza teologica per la nazione”; l’adesione a un ordo amoris inteso come disposizione a ricevere l’altro come rivelazione del divino. In questo modo, la posizione di Leone XIV restituisce Agostino alla Chiesa, sottraendolo a un uso politico che ne distorce la teologia.
Il dibattito contemporaneo sull’ordo amoris non è solo una disputa terminologica, ma una battaglia per l’anima della polis. Vance propone un amore ordinato secondo gerarchie identitarie. Papa Leone XIV risponde con un amore che si disordina per accogliere l’altro. La dottrina MAGA si presenta come una “teologia civile del risentimento”; la Chiesa, nella voce del suo pontefice agostiniano, risponde con la “teologia politica della misericordia”. In ultima analisi, il vero ordo amoris non difende un ordine piramidale, ma prepara lo spazio per la città di Dio nella città degli uomini.
La questione entra nelle tendenze politico-culturali italiane del governo italiano, seppure su un versante laico, scoprendo una faglia sotto il caos calmo della navigazione di middle term. Nelle Nuove Indicazioni ministeriali sull’insegnamento della storia, sostiene lo storico Massimo Vallerani (L’Indice dei libri, maggio 25), gli interessi didattici compongono un testo ideologico tutt’altro che neutro a meri interessi didattici…, essendo piegati a una funzione di educazione all’italianità conferita al passato nella dimensione nazionale ed occidentale, due termini legati da un inarrestabile cammino di progresso e di benessere che trova oggi la sua realizzazione maggiore nell’area euro-americana. E’ un manifesto politico piuttosto che un progetto didattico. L’idea di radice comune racconta la storia come narrazione unitaria delle tappe percorse dal popolo italico-occidentale, propone una visione escludente dell’alterità. Si promuove sostanzialmente quel “prima veniamo noi”, declinato da Vance-Trump sul versante teologico e politico, con una falsa chiamata di correo di Sant’Agostino.
Il Pontificato di Leone XIV, guarda a un orizzonte multiculturale, di inclusione, integrazione e “comprensione” dei cammini della civiltà umana in una cornice universale. Mondo cattolico e laicità realizzano significative convergenze su alcuni valori civili e sociali, quindi politici, che all’interno della cristianità non trovano una radice comune.








