I sistemi AI non comprendono ciò che producono, perché non possiedono coscienza, intenzione o discernimento. Sono strumenti matematici e statistici, creati dall’uomo, capaci di elaborare dati e generare risposte, ma sono privi di giudizio. «L’intelligenza artificiale, ammonisce Luciano Floridi, è intelligente come una lavatrice che pulisce”, funziona, ma non sa perché. Il rischio è duplice: da un lato l’illusione (nostra) di sapere, alimentata dall’accesso a informazioni superficiali; dall’altro, la perdita della capacità critica. E in questa nebbia cognitiva si apre il varco per l’ascesa dei nuovi “bulli al potere”.
Quando la competenza perde valore rispetto all’emozione, il populismo, il sovranismo e l’autocrazia prosperano sul terreno fertile dell’emotività immediata, non della razionalità. Come ha osservato Hannah Arendt, “la massa è attratta dalla propaganda non perché sia convinta della sua verità, ma perché desidera vivere in un mondo coerente, anche se costruito su menzogne”.Il bullismo istituzionalizzato è solo la conseguenza di un mondo che ha sostituito la verità con la viralità, la giustizia con la visibilità, il pensiero con la performance. E quando l’ignoranza si traveste da legittimazione popolare, il potere diventa spettacolo, e il rispetto delle regole un fastidio da aggirare.
Ecco perché oggi più che mai, essere colti non significa sapere tante cose, ma saperle leggere nel loro contesto, con spirito critico. L’alfabetismo digitale, la consapevolezza mediatica, e il recupero della riflessione sono le ultime difese contro la tirannia dell’apparenza.
Come scrive Umberto Eco: «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività». Ora invece influenzano il consenso, la cultura, la politica. Solo una nuova educazione alla complessità potrà arginare l’onda lunga della stupidità mascherata da libertà. E’ l parabola dell’imbecille, dalla gogna al trono.






