Come apostrofereste una donna di facili costumi, oggi? Mi vengono tanti sinonimi in mente, che non ripeto per decenza. Cortigiana, di sicuro no, a meno che non mi serve di esprimere un atteggiamento servile. E’ onesto ipotizzare, perciò che il termine sia usato per rimproverare una donna di un comportamento di sudditanza sentimentale, professionale, relazionale, politica..Se rivestissi un ruolo istituzionale, preferirei scegliere un altro termine, che non induca a interpretazioni ambigue. La premessa serve a riferire ai lettori come la penso sul caso Landini. Un errore di stile, nessuna volontà di offendere. La indignazione, a scoppio ritardato, piuttosto, obbliga a segnalare il cilima incandescente che il Paese vive. Conflittualità pwrmanente. Un autunno caldo che diura tutto l’altro. Nel mirino ci sono i critici, gli antagonisti, coloro che con parole ed opere disturbano il manovratore…
,La querelle si è ormai dissolta, travolta dall’incalzare della cronaca, ma ha lasciato dietro di sé un’eco inconfondibile: risentimenti, veleno e il solito clima che finisce sempre, puntualmente, con Giorgia Meloni al centro della scena. Tutto è cominciato in uno studio televisivo, durante la trasmissione di Giovanni Floris su La7. Maurizio Landini, segretario generale della CGIL, ha pronunciato la frase fatale: “I lavoratori sono scesi in piazza per difendere l’onore dell’Italia, cosa che non ha fatto Meloni, che si è limitata a fare la cortigiana di Trump.”
Il conduttore, da buon arbitro di ring, ha subito ammonito: “Maurizio, il termine è sessista.” Landini, visibilmente sorpreso, ha provato a spiegare: intendeva “cortigiana” come “chi vive alla corte”, non come insulto. Due giorni di silenzio, poi la Premier affida la replica a un post: “Mi definisce in tv una cortigiana. Tutti sanno cosa significa quella parola. Ecco un’altra diapositiva della sinistra che predica il rispetto delle donne e poi insulta una donna chiamandola prostituta.”Landini evapora, la sinistra che sale in superficie. Un mantra.
La polemica si trasforma in questione politica. L’intervento di Fausto Bettinotti, ex segretario della CGIL e memoria storica del sindacato, è severo, cogliendo il segno di un clima di “noi contro tutti”, dominato dalla legge del tartufo, la simulazione: “Il terreno è inquinato”, dice a La7 Bertinotti (Tagatà, Tiziana Panella), “e chi vi resta dentro si inquina. Meloni drammatizza il dettaglio per delegittimare la critica.”
È un’osservazione acuta. Da tempo il confronto pubblico in Italia si regge su un meccanismo prevedibile: la parola sbagliata diventa colpa, la replica diventa accusa, la sostanza del tema – in questo caso il lavoro, la dignità, l’onore del Paese – svanisce.
Landini, ruvido e diretto come la scuola operaia che lo ha formato, paga oggi la rigidità di un linguaggio d’altri tempi, poco adatto al lessico sensibile della comunicazione contemporanea. Ma ridurre tutto a una questione di galateo lessicale è omettere il contesto. Il risultato è l’ennesimo episodio della commedia nazionale: una parola detta di getto diventa simbolo, il malinteso si fa ideologia, la Premier si indigna come da copione, e il sindacalista si giustifica senza essere ascoltato. Mentre, la politica si allontana ancora un passo dalla realtà concreta.
Così finisce la storia: con la “cortigiana” che resta in tendenza, il dibattito che si accende, e un Paese che, come sempre, preferisce discutere del tono piuttosto che del contenuto. Ha ragione Bertinotti: il terreno è inquinato, chi ha il potere sceglie il terreno di scontro, un sistematico tentativo di distogliere l’attenzione dai fatti. La Premier costruisce un presidio inattaccabile. Vuole che sembri una trincea nella quale guerrieri indomiti ci difendono da orde selvagge.
Sarebbe utile evitare di fornirle assist.








