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Da Maurizio Costanzo a Sigfrido Ranucci: mandanti, esecutori, comparse, destinatari. Chi c’è dietro?

20/10/2025
in Articoli
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L’auto di Sigfrido Ranucci è esplosa con un chilo di esplosivo davanti all’abitazione di Campo Ascolano, alle porte di Roma. Pochi giorni fa, il conduttore di Report aveva annunciato i temi delle nuove inchieste (banche, eolico, sanità, ultrà) . “Potrebbe non essere una coincidenza”, ha affermato Ranucci. Materiale incandescente. Gli inquirenti hanno un compito assai delicato, l’indagine potrebbe provocare altre bombe, stavolta “giudiziarie”, con effetti devastanti. Gli autori dell’attentato potrebbero avere innestato una miccia che non controllano. E’ già capitato: gli attentati della mafia siciliana contro luoghi e monumenti simbolo e servitori dello Stato, Falcone e Borsellino, ma anche giornalisti, come Maurizio Costanzo, furono un azzardo, una sfida allo Stato che avrebbe provocato la cattura dei capi di Cosa Nostra (Bernardo Provenzano, Totò Riina): boss arroganti e sconsideratamente audaci o “esecutori” obbligati ad assolvere un mandato?

L’attentato cui scampò Maurizio Costanzo potrebbe costituire un riferimento utile, seppur limitato ad un solo versante, la grande popolarità del personaggio ed il livello della sfida. Costanzo trattò male i nemici di Falcone, ma non colpiva poteri ed interessi organizzati. Sigfrido Ranucci ha fatto molti“danni”. Eppure, gli autori potrebbero avere “blindato” Report, facendone un programma intoccabile. Eterogenesi dei fini? No, piuttosto la prevalenza della necessità.

Gli inquirenti hanno un compito assai delicato, l’indagine potrebbe provocare altre bombe, stavolta “giudiziarie”, con effetti devastanti, in considerazione dei temi solitamente trattati dai giornalisti di Report.

L’attentato cui scampò Maurizio Costanzo potrebbe perciò costituire un riferimento utile, seppur limitato ad un solo versante, la grande popolarità del personaggio ed il livello della sfida. Costanzo trattò male i nemici di Falcone, ma non colpiva poteri ed interessi organizzati. Sigfrido Ranucci ha fatto più “danni”. Apparentemente, gli autori potrebbero avere “blindato” Report, facendone un programma intoccabile. Ma ne abbiamo viste tante per trarne motivo di compiacimento, anzi.

C’è un punto preciso, nel cuore della notte, in cui la paura si traveste da messaggio: la villa del giornalista Sigfrido Ranucci, volto e mente di Report, dove un ordigno esplosivo — rudimentale ma potenzialmente letale — è stato collocato con grande perizia. Ordigno fatto in proprio, ma così potente da colpire persone, non solo la vettura del giornalista. Qualcosa di più di un avvertimento, E a chi? A Ranucci, certamente. Ma non solo: anche a chiunque, oggi, osi fare giornalismo d’inchiesta in Italia.

Il contesto offre un clima di insofferenza crescente verso la critica dell’avversario politico e verso il giornalismo che scava, domanda, disturba. Dalle aule parlamentari ai talk televisivi, si moltiplicano i tentativi di delegittimazione, le accuse di “faziosità”, le querele a raffica. Nell’ultimo anno, secondo l’Osservatorio Ossigeno per l’Informazione, si contano 516 atti di intimidazione verso giornalisti in Italia. Numeri da record, allarmanti.

Report ha già toccato nervi scoperti: banche, appalti dell’eolico, sanità. Temi sensibili, intrecci fra politica e affari che avrebbero potuto — o potrebbero ancora — imbarazzare poteri solidi e trasversali. Da settimane, circolano voci su nuove inchieste pronte ad andare in onda. Qualcuno, forse, ha deciso di “spegnere la luce” prima che si accenda.

Il messaggio è triplice. A Ranucci: “stai attento”. All’editore pubblico: “controlla i tuoi giornalisti”. Al sistema informativo: “c’è un limite da non oltrepassare”. Non sarebbe la prima volta per Ranucci e Report: proiettili recapitati, querele, campagne di delegittimazione, persino interrogazioni parlamentari. Tutto questo, tuttavia, si trova nel fascicolo delle indagini alla voce “contesto”,rilascia solo ombre. Ombre che precedono il buio fitto però, non la luce che abbaglia gli autori dell’attentato: esecutori e mandanti.

Le prime ipotesi parlano di manovalanza criminale, forse malavita locale, come esecutori e di mandanti da cercare altrove, fra coloro che avevano da temere prossime rivelazioni o avevano subito danni e svantaggi (politici, economici, finanziari).

Una cosa è sicura, la detonazione si è sentita ovunque. Ed ha già prodotto i suoi effetti. L’opposizione, attraverso la leader del Pd, Elly Shlein, ne ha fatto la cartina di tornasole sullo stato della libera informazione in Italia e sui pericoli per la democrazia che nel mondo subisce attacchi senza precedenti, come negli USA di Trump.

 

 

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Tags: attentatoribancheborsellinoElly Scheineolicofalconemaurizio costanzapèrovenzanoriinasanitàsfidaSigfrido RanucciStatoultrà

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