Crolla la Torre medievale, fervono i soccorsi, uno dei lavoratori agonizza, e la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Zacharova, coglie l’occasione per far sapere agli italiani, e non al governo italiano, che aiutare la resistenza ucraina contro l’aggressore russo provocherà il crollo del nostro Paese. Sarebbe meglio spendere per i monumenti italiani invece che aiutare gli ucraini comprando armi.
L’episodio non ha precedenti nelle relazioni diplomatiche, invece che solidarietà, magari formale, come la liturgia richiede, il rimprovero politico. La Farnesina convoca l’ambasciatore russo a Roma, ma l’ambasciatore non accetta l’invito e manda uno dei suoi collaboratori, quasi una offesa, aggiungendo all’ingerenza politica la “maleducazione” diplomatica; lo sconosciuto diplomatico del Ministero degli esteri russo presenta una serie di lagnanze, invece che spiegare l’ingerenza. Ci avete chiamato in un giorno di festa nazionale (in Russia). La mattina successiva Zacharova fa colazione e poi torna a redarguire l’Italia: aiutare la resistenza ucraina è anche peccato, perché Dio non sta dalla parte dei nazisti ucraini (il Padreterno se lo contendono con la Casa Bianca, come fosse un vessillo).
Alcuni Ministri e leaders dell’opposizione in Italia spendono parole severe per denunciare la malagrazia russa, Tajani addebita la scortesia, il vice presidente del consiglio, invece, preferisce ricordare che bisogna smettere di spendere quattrini italiani per la guerra in Ucraina.
Questi è fatti.
Farsi qualche domanda sulla frequenza con cui la portavoce Zacharova si occupa dell’Italia (e non degli altri paesi europei) non soddisfa solo una curiosità, pur legittima. Parla ad una platea italiana assai sensibile alle ragioni russe, una platea che da molti anni viene curata attraverso investimenti ingenti sul web e le relazioni privilegiate con ambienti politici italiani. Ci sono partiti, in Italia, che assolvono gli aggressori e voltano le spalle agli aggrediti, adottano un doppio standard pacifista,; ci sono troll-factory che fanno circolare il verbo russo e colpiscono i leaders delle aree politiche avverse. Il web è vigilato con sorprendente attenzione da firme russofile, la stampa cartacea è presidiata da firme autorevoli. Nei talk show televisivi c’è la presenza costante di fior di intellettuali filorussi. Insomma, sembra di capire che la Russia abbia arruolato tanta gente importante, pur potendo contare su una eredità di affetti che risale alla patria dei proletari, l’URSS, ai milioni di russi caduti nella guerra al nazifascismo, una eredità che certo Putin non può raccogliere perché il suo regime compete con l’imperialismo americano per assicurare il benessere degli oligarchi e non dei proletari.
Ma ciò che più impressiona è l’impudenza: chi rimprovera agli italiani di spendere troppo per le armi ucraine, spende il 60 per cento della sua ricchezza nazionale per tenere in piedi una economia di guerra costata finora la morte di un milione di giovani russi. Il nemico nazista evocato dai russi fa il paio con il nemico comunista evocato da Trump. Ed a guadagnarci sono i soliti noti, con il portafogli gonfio.





