Il contesto è ciò che conta. E sull’assassinio di Piersanti Mattarella il contesto è tutto; la riapertura delle indagini da parte della Procura, filtrate attraverso La Repubblica, vanno analizzate attraverso il contesto, tenebroso, inquietante, ambiguo, per alcuni versi inaccessibile. Ma su di esso bisogna concentarsi per esplorare la portata delle indagini. Provo a ripassare alcuni fatti, in rapida progressione.
Da settembre del 1978 a giugno del 1979 opera in Sicilia l’ex agente della Cia Tom Tripodi. La sua missione ha un nome in codice: Cesare. Scopo: attaccare i boss nel loro territorio, cioè la Sicilia. Tripodi agisce sotto copertura ed è costretto ad andarsene a causa di una soffiata. Mentre si prepara il golpe di Sindona, – in codice, Nuovi Vespri – è in corso l’operazione Cesare. Tripodi avrebbe scoperto che alcune importanti banche – ben otto – erano coinvolte nel riciclaggio di denaro sporco. Ma andò male, e dovette scappare. Fu Boris Giuliano ad avvertirlo. “Tornatene a casa”, gli disse il commissario, che da lì a qualche mese sarebbe stato ucciso. “Lo ammazzarono”, spiega Tripodi (anche lui, 14 anni dopo il delitto), “perché aveva scoperto il ruolo della P 2 nel riciclaggio dei narcodollari”. “Terranova?” continua Tripodi. “Dopo Giuliano tocco a lui, per la stessa ragione. E Mattarella fu ammazzato a gennaio perché aveva dato un forte appoggio all’operazione Cesare”. Come? Tripodi non lo spiega.
C’è una singolare circostanza, una coincidenza temporale: Tripodi va via in giugno, quando i risultati elettorali sfavorevoli al PCI allentano la tensione nei servizi, e il progetto di golpe viene presumibilmente messo in archivio. In dicembre del 1979 la Camera dei deputati vota a favore della base nucleare americana dei missili Cruise in Sicilia, l’aeroporto di Birgi viene chiuso al traffico civile e sui Nebrodi viene ubicato un poligono militare. Perché quel nome in codice? Operazione Cesare. Stando a Tripodi, la spiegazione è semplice: operare fuori dal proprio territorio. O colonizzare, annientare le resistenze indigene? Come Cesare, appunto. L’intrigo è fitto. I mafiosi delle cosche perdenti, cioè Salvatore Inzerillo e Stefano Bontade, avevano Sindona; gli altri, i vincenti, i corleonesi, avevano Calvi. I corleonesi non intervengono. Anzi, è probabile che siano loro a fare arrivare alcune notizie alla polizia. Nei Nuovi Vespri loro non c’entrano.
Dopo il 1979, Cosa nostra cambia padrone: la guerra di mafia cancella il vertice legato alla vecchia finanza sindoniana ed alle famiglie italo-americane dei Gambino. A picco l’impero Sindona, ammazzati i boss, cancellato l’establishment del potere in Sicilia e nuova amministrazione negli USA.
I brani del memoriale Moro che accennano a Gladio, la struttura sommersa incaricata di contrastare le infiltrazioni dei comunisti, sono importanti, tanto quanto alcuni brani del diario di Rocco Chinnici. Spillato con il brano del diario, il ritaglio di una breve notizia del Giornale di Sicilia: l’interrogazione al Ministro di Grazia e giustizia, sul Presidente della sezione fallimentare del tribunale di Palermo, Michele Mezzatesta, che avrebbe fatto parte della Loggia P 2, e frequentato la loggia Scontrino di Trapani e la Camea di Palermo. Ci furono continui avvicendamenti ai vertici della Guardia di Finanza e dell’Arma dei carabinieri. Il Procuratore della Repubblica di Palermo, Aldo Costa, voleva toccare le trame perverse dell’intreccio mafia, politica, massoneria, finanza, affari, e affidò l’indagine al colonnello della guardia di finanza Marino Pascucci. Indagine patrimoniale, e non indagine di polizia perché Costa era convinto che le banche conservassero le prove dell’intreccio perverso che aveva provocato la morte del Presidente della Regione Piersanti Mattarella.
Che cosa sperava di trovare? Le prove delle alleanze, il filo d’Arianna che univa insieme narcotraffico e tangenti, mafia, massoneria, finanza e politica. L’esportazione di denaro e i conti nelle banche svizzere. Pascucci accumulò una montagna di documenti, e al momento di tirare le conclusioni del suo lavoro fu trasferito. Ucciso Costa, le sue carte finirono sul tavolo di Rocco Chinnici, cui toccò la stessa sorte.
Il movente vero sta in questo scenario?
Tutto accade nel 1979. E in Sicilia. Sul panfilo nel mare di Ustica l’ammiraglio-massone e spia americana, del quale si tace il nome, si svolgono incontri fra i capi delle logge per unificarle, Michele Sindona incontra massoni e mafiosi per il golpe separatista “Nuovi Vespri”, Tom Tripodi deve portare a compimento l’operazione Cesare; l’ex Presidente Andreotti – secondo Tommaso Buscetta – incontra Bontade, i Salvo e altri mafiosi.
In dicembre i deputati si riuniscono alla Camera per decidere l’installazione dei missili Cruise in Sicilia. Nuovi Vespri, nel 1980, l’operazione golpista, muove il primo passo. Il 6 gennaio viene ucciso il Presidente della Regione. Sarebbe dovuto toccare al generale Dalla Chiesa, secondo Buscetta. Mattarella “era un problema, spiega Buscetta, ma non era un problema tale da arrivare al punto di ammazzarlo pubblicamente insieme alla moglie. Bontade mi disse che l’omicidio Mattarella era stato deciso dalla commissione per l’insistenza dei corleonesi i quali sostenevano che il Presidente della Regione, con le sue nuove regole e con la sua nuova politica, faceva loro perdere gli affari.
Il depistaggio si regge su una verità parziale: è vero che Mattarella non favorisce Cosa nostra, ma non è vero che basti a condannarlo. Il movente vicino tuttavia giustifica l’azione, la rende plausibile agli occhi della Commissione. Chi chiede la testa di Mattarella? I corleonesi impedirono a Bontade di salvare Moro, un altro tassello.
Com’è stata spiegata finora la diversità fra le due anime di Cosa nostra? Totò Riina e i suoi sono feroci, senza scrupoli. Non hanno interessi “diversi”, ma comportamenti diversi. Ma Pippo Calò, l’ambasciatore dei corleonesi a Roma, agisce per conto della feroce famiglia con il passo felpato del mediatore astuto. E’ lui a mettere insieme le ragioni di Cosa nostra e quelle dell’eversione (di destra), ad allearsi con il crimine organizzato di Roma e con i finanziari svizzeri. E’ lui la mente delle stragi terroristiche.
Quali sono i legami fra Nino Madonia, al centro della nuova inchiesta come uno dei due esecutori materiali del delitto, e i servizi deviati, l’eversione di destra e la coda velenosa dell’operazione Nuovi Vespri? Che ruolo svolgono i fratelli massoni nelle manovre dell’intelligence americano, impegnato a tacitare i timori di una svolta politica che sdogana i comunisti e li porta al governo?
(continua)
			
			







