Fedez, Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Andrea Agnelli, Beppe Sala, Piersilvio Berlusconi, Elon Musk, Sigfrido Ranucci, Piero Angela e Al Bano sono alcune delle personalità famose che compaiono in annunci pubblicitari su Facebook, social network della Meta sotto forma di video. Suggeriscono metodi per far soldi, manipolando le caratteristiche della personalità tirata in ballo alfine di rendere credibile la proposta. Possibile che non si riesca a vigilare, perseguire, punire le operazioni fraudolente che si compiono impunemente sui social? Mancano le regole o la volontà nelle istituzioni chiamate ad intervenire?
Negli ultimi anni, il proliferare di annunci pubblicitari ingannevoli sui social media, in particolare su Facebook, ha sollevato gravi preoccupazioni riguardo alla capacità delle istituzioni di contrastare in modo efficace le operazioni fraudolente online. Figure pubbliche di spicco come Fedez, Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Andrea Agnelli, Beppe Sala, Piersilvio Berlusconi, Elon Musk, Sigfrido Ranucci, Piero Angela e Al Bano sono state sfruttate, senza il loro consenso, per promuovere metodi di arricchimento rapido che, nella realtà, si rivelano truffe ben orchestrate.
Il fenomeno si basa su una strategia di manipolazione ben congegnata: l’uso illecito di volti noti per creare un’apparenza di credibilità. Il pubblico, riconoscendo nomi e volti familiari, tende a dare fiducia alle affermazioni presenti negli annunci, cadendo così nella trappola. Il modus operandi è spesso simile: vengono creati video o articoli fittizi che simulano interviste o testimonianze, nelle quali la personalità in questione promuove un sistema per fare soldi velocemente. Questo tipo di frode non solo colpisce economicamente gli utenti, ma danneggia anche la reputazione delle persone coinvolte, alimentando sfiducia nei confronti delle informazioni che circolano online.
Di fronte a questa crescente minaccia, una domanda cruciale emerge: come è possibile che tali operazioni continuino a prosperare impunemente sui social media? La risposta risiede in una combinazione di fattori che coinvolgono sia la mancanza di regole adeguate che l’insufficiente volontà istituzionale di intervenire in modo deciso
La regolamentazione del mondo digitale si trova ancora in una fase embrionale rispetto alla rapidità con cui le truffe si evolvono. Le attuali leggi spesso non riescono a tenere il passo con le nuove tecniche di frode, lasciando le piattaforme sociali con ampi margini di discrezionalità su come gestire i contenuti. Questo crea una situazione in cui i truffatori possono operare con una relativa sicurezza, sapendo che le probabilità di essere sanzionati sono basse.
Parallelamente, la volontà di perseguire questi crimini digitali sembra essere debole. Le istituzioni, spesso sovraccariche e con risorse limitate, faticano a dedicare l’attenzione necessaria a un fenomeno che richiede competenze specifiche e un approccio internazionale. La cooperazione tra Stati, essenziale per combattere le frodi che attraversano i confini nazionali, è ancora carente, lasciando ampie aree grigie che i truffatori possono sfruttare.
È evidente che la protezione dei cittadini online non può più essere rimandata. Le istituzioni devono adottare misure più rigide per contrastare questi fenomeni, iniziando con un aggiornamento delle leggi esistenti e l’introduzione di normative specifiche per il mondo digitale. Inoltre, è necessario un maggiore impegno da parte delle piattaforme sociali come Facebook, che devono essere ritenute responsabili per la diffusione di contenuti ingannevoli. Questo potrebbe includere l’obbligo di verificare in modo più rigoroso gli annunci pubblicitari e di collaborare più strettamente con le autorità per individuare e bloccare rapidamente le operazioni fraudolente.
Il dilagare delle truffe online rappresenta una minaccia concreta non solo per i singoli cittadini, ma anche per l’integrità del sistema informativo globale. È indispensabile che le istituzioni e le piattaforme sociali riconoscano l’urgenza di questa sfida e agiscano di conseguenza. Senza un intervento deciso e coordinato, rischiamo di lasciare campo libero a coloro che sfruttano la fiducia del pubblico per arricchirsi illecitamente, minando ulteriormente la credibilità delle informazioni online e, con essa, la fiducia nella rete stessa.








