Francesco Giavazzi ha fatto nel Corriere di sabato l’elogio del debito pubblico in casa dei tedeschi. Grande giorno e vendetta, tremenda vendetta, per le classi dirigenti dell’Italia che fu e che è e che sarà…Le teste d’uovo, cioè le teste pensanti, di cui Mario Draghi è l’alfiere incontestato, hanno registrato il passaggio di fase, smantellando anche la balla del peso del debito sui posteri, entità inesistente, durante l’epidemia da Covid. Hanno detto e spinto a fare le cose giuste in nome del debito buono, che poi è il debito tout court. (Il Foglio, 9.12.24) Fare debiti, dunque, non è sbagliato? Il risparmio un feticcio da dismettere? L’austerity sarebbe una idiozia? Il macigno del debito pubblico una invenzione? I debiti sono una medicina? E il contrordine vale allo stesso modo per l’erario, le famiglie, le persone singole? Tutti indebitati contenti, consumatori e venditori, clienti e produttori, banche e clienti debitori? Il segreto sarebbe fare girare il denaro: tu dai qualcosa a me ed io do qualcosa a te.
L’ironia ci invita, con eleganza e un pizzico di malizia, a smontare certezze e riformulare domande. Quindi, partiamo: fare debiti è davvero cosa buona e giusta? L’austerity è forse un’idiozia travestita da virtù? La risposta, signore e signori, è un deciso “dipende”. Ma non vi lasciate scoraggiare dalla vaghezza: esploriamo il tema. Cominciamo dal concetto di “debito buono”, caro a Mario Draghi e alle menti illuminate (o teste d’uovo, se vogliamo restare nel tono): il debito può essere un motore di crescita, ma solo quando viene utilizzato per scopi produttivi. Costruire un ponte, finanziare l’istruzione, migliorare la sanità: questi sono investimenti che generano valore per le generazioni future. Questo tipo di debito è benedetto, perché contribuisce al progresso. Ma attenzione: il debito improduttivo, quello che serve a coprire buchi di bilancio senza visione strategica, è tutta un’altra storia. Qui, più che un motore, diventa un macigno.
E l’austerity? Ah, qui viene il bello. Spesso celebrata come la panacea per i mali del debito pubblico, l’austerity si è dimostrata, in molte occasioni, una zavorra. L’esperienza della Grecia negli anni post-crisi insegna: tagli feroci senza piani di crescita soffocano l’economia, aggravando il problema che si voleva risolvere. Come disse Keynes, «tagliare la spesa in un’economia in crisi è come tirare il freno a mano in salita».
Se il debito pubblico può essere “buono”, vale lo stesso per i bilanci familiari? Qui bisogna tenere il freno tirato. Il denaro che si prende a prestito per comprare una casa o finanziare un’istruzione può essere un investimento per il futuro. Ma vivere al di sopra delle proprie possibilità, accumulando debiti per beni voluttuari, è un sentiero scivoloso. Citando Benjamin Franklin: «Chi prende in prestito vende la propria libertà».
Il risparmio, oggigiorno bistrattato e ridotto a un feticcio, resta perciò un valore essenziale, come cuscinetto contro le incertezze. Tuttavia, risparmiare in eccesso, accumulando senza mai spendere, può effettivamente diventare un freno alla crescita economica. Il denaro deve circolare, dicono gli economisti: tu dai a me, io do a te. Ma con prudenza. Non è una “partita di giro”, bensì un equilibrio delicato tra consumo e investimento. Dando un’occhiata ai conti correnti di alcuni siciliani benestanti, per dirne una, si scoprirebbe che la liquidità vince sugli investimenti, e gli investimenti finanziari (azioni, obbligazioni ecc) vincono sull’intrapresa privata.
Il debito, quindi, non è né un demone né un angelo: è uno strumento. Sta al buon senso e alla lungimiranza utilizzarlo nel modo giusto. Come scrisse il poeta Alexander Pope: «Be not the first by whom the new are tried, nor yet the last to lay the old aside» (Non essere il primo a sperimentare il nuovo, né l’ultimo a rinunciare al vecchio). Ecco: l’equilibrio è tutto







