Papa Francesco, in una intervista concessa a Fabio Fazio sulla Nove (Che tempo che fa), si è rammaricato che i peccati di carne fossero trattati con severità. Non fanno parte dei peccati angelicali, “come rispettare il padre e la madre”, sui quali invece bisogna rigare dritto. Una rivoluzione culturale la derubricazione: il Pontefice ha cancellato il peccato più resiliente ed antico della Chiesa: il peccato di carne negli anni più bui del cattolicesimo è stato lo strumento di controllo e demonizzazione dei credenti, condizionandone la vita individuale e collettiva.
Le parole del Papa sono passate inosservate, probabilmente a causa del fatto che non sono state pronunciate in una occasione formale. Non solo per questa ragione. Oggi il comune senso del pudore è profondamente mutato: la questione non sfiora nemmeno la vita ed i pensieri delle persone, specie dei giovani. Gli adolescenti di cinquanta anni fa ricordano ancora che nelle confessioni, in cima ai pensieri del confessore stava il peccato di carne, declinato nel dettaglio (“quante volte figliolo”) e punito con un rosario di preghiere proporzionale al numero dei peccati di carne. Allora i peccati si dividevano in peccati mortali e peccati veniali, senza offrire elementi di conoscenza della gerarchia, per sapere a quale filone appartenessero i peccati di carne. Perciò, a causa del vuoto di conoscenza, prevaleva l’atteggiamento del confessore, che concentrava proprio sui peccati di carne la sua attenzione con gli adolescenti.
Papa Francesco si è rammaricato che nelle confessioni si indugi sui peccati di carne, ed ha espresso un giudizio severo verso chi persevera in questo atteggiamento.
Il Papa invero ha abbattuto un altro muro: farsi una risata è salutare, vivere con allegria fa bene, raccontare ed ascoltare barzellette allunga la vita. Chi ha visto o letto Il Nome della Rosa, capolavoro di Umberto Eco, sa quanto peso avesse il riso nella considerazione degli uomini di Chiesa più legati alle tradizioni. Esso abbonda nella bocca degli stolti.
In uno dei suoi libri, forse il primo del Pontificato, Francesco racconta un aneddoto del quale è protagonista un sacerdote francese, che aveva a che fare con un peccatore impenitente, dedito ai peccati di carne. Il confessore dall’indole mite, intenzionato a concedere l’assoluzione comunque, soleva domandare al peccatore…carnale se avesse reiterato la colpa e si fosse pentito, ricevendo sempre una risposta negativa. Per togliersi dall’imbarazzo, volendo assolverlo, gli chiese se almeno si fosse pentito di non essersi pentito. E stavolta ricevuta una risposta positiva, lo assolse.
Un buon argomento per sorridere a spese del peccato di carne.








