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Leone XIV, il prologo: in principio era la lettera di Francesco, e la Lettera era presso i Vescovi degli Stati Uniti

10/05/2025
in Articoli
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Cari Fratelli nell’Episcopato,

Vi scrivo oggi per rivolgervi alcune parole in questo delicato momento che state vivendo come Pastori del Popolo di Dio che pellegrina negli Stati Uniti d’America.

  1. Il cammino dalla schiavitù alla libertà compiuto dal Popolo d’Israele, così come narrato nel libro dell’Esodo, ci invita a guardare alla realtà del nostro tempo, così chiaramente segnata dal fenomeno della migrazione, come a un momento decisivo nella storia per riaffermare non soltanto la nostra fede in un Dio che è sempre vicino, incarnato, migrante e rifugiato, ma anche nella dignità infinita e trascendente di ogni persona umana [1].
  2. Queste parole con cui esordisco non sono un costrutto artificiale. Anche un rapido esame della dottrina sociale della Chiesa mostra con enfasi che Gesù Cristo è il vero Emanuele (cfr. Mt 1, 23); ha vissuto anche lui la difficile esperienza di essere cacciato dalla propria terra a causa di un pericolo imminente per la sua vita e l’esperienza di rifugiarsi in una società e una cultura estranee alla sua. Il Figlio di Dio, nel farsi uomo, ha scelto anche di vivere il dramma dell’immigrazione. Mi piace ricordare, tra le altre cose, le parole con cui Papa Pio XII ha iniziato la sua Costituzione apostolica sulla cura dei migranti, che è considerata la “Magna Carta” del pensiero della Chiesa sulla migrazione:

«La Famiglia di Nazaret in esilio, Gesù, Maria e Giuseppe, emigranti in Egitto e ivi rifugiati per sottrarsi alle ire di un re empio, sono il modello, l’esempio e la consolazione degli emigranti e dei pellegrini di ogni tempo e di ogni Paese, di tutti i profughi di ogni condizione che, spinti dalla persecuzione o dal bisogno, sono costretti a lasciare la loro patria, l’amata famiglia e i cari amici e recarsi in terra straniera». [2]

  1. Parimenti, Gesù Cristo, amando tutti di un amore universale, ci educa al riconoscimento permanente della dignità di ogni essere umano, senza eccezioni. Di fatto, quando parliamo di “dignità infinita e trascendente”, desideriamo sottolineare che il valore più importante che la persona umana possiede supera e sostiene ogni altra considerazione giuridica che si possa fare per regolare la vita nella società. Pertanto, tutti i fedeli cristiani e le persone di buona volontà sono chiamati a riflettere sulla legittimità di norme e politiche pubbliche alla luce della dignità della persona e dei suoi diritti fondamentali, e non il contrario.
  2. Sto seguendo da vicino la grande crisi che si sta verificando negli Stati Uniti con l’avvio di un programma di deportazioni di massa. La coscienza rettamente formata non può non compiere un giudizio critico ed esprimere il suo dissenso verso qualsiasi misura che tacitamente o esplicitamente identifica lo status illegale di alcuni migranti con la criminalità. Al tempo stesso, bisogna riconoscere il diritto di una nazione a difendersi e a mantenere le comunità al sicuro da coloro che hanno commesso crimini violenti o gravi durante la permanenza nel Paese o prima del loro arrivo. Detto ciò, l’atto di deportare persone che in molti casi hanno abbandonato la propria terra per ragioni di povertà estrema, insicurezza, sfruttamento, persecuzione o grave deterioramento dell’ambiente, lede la dignità di molti uomini e donne, e di intere famiglie, e li pone in uno stato di particolare vulnerabilità e incapacità di difendersi.
  3. Non si tratta di una questione di poca importanza: uno Stato di diritto autentico si dimostra proprio nel trattamento dignitoso che tutte le persone meritano, specialmente quelle più povere ed emarginate. Il vero bene comune viene promosso quando la società e il governo, con creatività e rigoroso rispetto dei diritti di tutti — come ho affermato in numerose occasioni — accolgono, proteggono, promuovono e integrano i più fragili, indifesi, vulnerabili. Ciò non ostacola lo sviluppo di una politica che regolamenti una migrazione ordinata e legale. Tuttavia, tale sviluppo non può avvenire attraverso il privilegio di alcuni e il sacrificio di altri. Ciò che viene costruito sul fondamento della forza e non sulla verità riguardo alla pari dignità di ogni essere umano incomincia male e finirà male.
  4. I cristiani sanno molto bene che è solo affermando la dignità infinita di tutti che la nostra identità di persone e di comunità giunge a maturazione. L’amore cristiano non è un’espansione concentrica di interessi che poco a poco si estendono ad altre persone e gruppi. In altre parole: la persona umana non è un mero individuo, relativamente espansivo, con qualche sentimento filantropico! La persona umana è un soggetto dotato di dignità che, attraverso la relazione costitutiva con tutti, specialmente con i più poveri, un po’ alla volta può maturare nella sua identità e vocazione. Il vero ordo amoris che occorre promuovere è quello che scopriamo meditando costantemente la parabola del “Buon Samaritano” (cfr. Lc10, 25-37), ovvero meditando sull’amore che costruisce una fratellanza aperta a tutti, senza eccezioni. [3]
  5. Ma la preoccupazione per l’identità personale, comunitaria o nazionale, al di là di queste considerazioni, introduce facilmente un criterio ideologico che distorce la vita sociale e impone la volontà dei più forti come criterio di verità.
  6. Riconosco i vostri preziosi sforzi, cari fratelli vescovi degli Stati Uniti, mentre lavorate a stretto contatto con migranti e rifugiati, proclamando Gesù Cristo e promuovendo diritti umani fondamentali. Dio vi ricompenserà abbondantemente per tutto ciò che fate a protezione e difesa di quanti sono considerati meno preziosi, meno importanti o meno umani!
  7. Esorto tutti i fedeli della Chiesa cattolica, come anche tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a non cedere a narrative che discriminano e causano inutili sofferenze ai nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati. Con carità e chiarezza siamo chiamati a vivere in solidarietà e fratellanza, a costruire ponti che ci avvicinino sempre più, a evitare muri di ignominia e a imparare a dare la nostra vita così come l’ha data Gesù Cristo per la salvezza di tutti.
  8. Chiediamo a Nostra Signora di Guadalupe di proteggere le persone e le famiglie che vivono nella paura o nel dolore a causa della migrazione e/o della deportazione. Possa la “Virgen morena ”, che sapeva come riconciliare i popoli quando tra loro c’era inimicizia, concedere a tutti noi di incontrarci di nuovo come fratelli e sorelle, nel suo abbraccio, e quindi compiere un passo avanti nell’edificazione di una società più fraterna, inclusiva e rispettosa della dignità di tutti.

Fraternamente,

Francesco

Dal Vaticano, 10 febbraio 2025

______________________________

[1] Cfr. Dicastero per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Dignitas infinita sulla dignità umana, 2 aprile 2024

[2] Pio XII, Costituzione apostolica Exsul Familia, 1° agosto 1952 “Exsul Familia Nazarethana Iesus, Maria, Ioseph, cum ad Aegyptum emigrans tum in Aegypto profuga impii regis iram aufugiens, typus, exemplar et praesidium exstat omnium quorumlibet temporum et locorum emigrantium, peregrinorum ac profugorum omne genus, qui, vel metu persecutionum vel egestate compulsi, patrium locum suavesque parentes et propinquos ac dulces amicos derelinquere coguntur et aliena petere”.

[3] Cfr. Papa Francesco, Lettera enciclica Fratelli tutti, 3 ottobre 2020.

L’Osservatore Romano, Edizione Quotidiana, Anno CLXV n. 34, martedì 11 febbraio 2025, p. 9.

 

 

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