Scomparsi dalll’orizzonte, fuori dagli appelli alla pace e dalle spartizioni, dimenticati dal cinismo nazionale, traditi dal silenzio dei pacifisti e relegati ad un posto di seconda fila dai costruttori di alternative allo strapotere dei terminator (Trump, Putin,) oltre 19.500 strappati alle famiglie vivono come prede della sopraffazione oscena. Sono tante, 19.500, le segnalazioni documentate di deportazioni illegali e trasferimenti forzati di bambini ucraini nei territori della Federazione Russa. Di questi, solo 1.240 sono stati finora rintracciati e riportati in Ucraina, secondo i dati forniti dall’iniziativa presidenziale ucraina Bring Kids Back UA.
Un ruolo centrale nelle operazioni di tracciamento e rimpatrio è stato svolto dall’Humanitarian Research Lab dell’Università di Yale. L’unità, specializzata nell’analisi di fonti open source, immagini satellitari, e dati provenienti dai media russi e dai social network, ha contribuito attivamente all’identificazione dei luoghi dove i bambini deportati vengono detenuti o affidati a famiglie russe. L’obiettivo della macchina russa è chiaro: rieducazione forzata, assimilazione culturale, cancellazione dell’identità ucraina.
Questo lavoro, condiviso anche con Europol e con la Corte Penale Internazionale, ha rappresentato un punto di riferimento cruciale per le indagini sui crimini di guerra e per le attività legali internazionali connesse alla deportazione di minori, configurabile come crimine contro l’umanità. Tuttavia, l’attività del centro rischia ora la paralisi.
Secondo quanto riportato dal quotidiano britannico i Paper, Elon Musk, attraverso la sua fondazione Doge, ha sospeso i finanziamenti destinati al laboratorio di Yale. Una decisione che si inserisce in un contesto più ampio di disimpegno da parte dell’amministrazione statunitense guidata da Donald Trump. Il distacco non è solo logistico o politico, ma tocca il cuore della cooperazione umanitaria e giudiziaria internazionale.
Durante l’amministrazione Biden, il Dipartimento di Stato aveva stanziato un milione di dollari per sostenere l’attività dell’Humanitarian Research Lab, dichiarando il sostegno “saldo e costante al popolo ucraino” contro la guerra “brutale e ingiustificata” della Russia. L’arrivo di Trump alla Casa Bianca ha segnato una rottura netta: l’entourage trumpiano mette in discussione persino l’evidenza dell’aggressione russa, e considera secondaria – se non irrilevante – la natura democratica dell’Ucraina.
Anche sul fronte della giustizia penale internazionale si registra un netto arretramento. Il War Crimes Accountability Team (WarCat), istituito nel 2022 dall’allora ministro della Giustizia Merrick Garland, è stato smantellato. La struttura aveva il compito di coordinare le indagini e formare i procuratori ucraini, fornendo supporto tecnico e legale per raccogliere prove dei crimini di guerra russi. “Non c’è posto in cui i criminali di guerra potranno nascondersi”, aveva dichiarato Garland.
Il team aveva anche stabilito un precedente significativo: nel dicembre 2023, per la prima volta, procuratori americani hanno fatto ricorso a uno statuto sui crimini di guerra in vigore dagli anni Novanta per accusare in absentia quattro soldati russi della tortura ai danni di un cittadino americano a Kherson. Oggi quella struttura non esiste più: le sue funzioni sono state eliminate in nome di una “redistribuzione delle risorse”, secondo quanto riferito al New York Times da una fonte interna al Dipartimento della Giustizia.
Il quotidiano americano ha ottenuto anche la lettera con cui il presidente di Eurojust – l’agenzia dell’Unione europea per la cooperazione nella giustizia penale – comunica al centro di Yale il ritiro del supporto statunitense, confermando però il proseguimento del sostegno europeo.
A fronte dell’arretramento americano, il governo britannico sta valutando la possibilità di subentrare nel finanziamento del centro, colmando il vuoto lasciato da Washington. Durante un dibattito alla Camera dei Comuni, il premier Keir Starmer ha dichiarato che una pace “vera e giusta” in Ucraina non può escludere il tema del ritorno dei bambini deportati. “Non si tratta solo di minerali e di fronti militari,” ha detto Starmer, “ma del diritto di ogni bambino a tornare a casa.”
Le responsabilità, in questo scenario, sono chiare. La Federazione Russa attua sistematicamente deportazioni di minori con finalità di assimilazione forzata. L’amministrazione Trump, invece, indebolisce le strutture di supporto e giustizia create per contrastare questi crimini. E, nel vuoto lasciato, rischia di perdersi non solo la possibilità di fare giustizia, ma anche quella – più urgente – di riportare i bambini a casa.







