Nella cultura cinese non è permesso dire “no” ad un invito: sarebbe scortese. Questa postura millenaria ha fatto sì che venissero elaborate complesse strategie di comunicazione, e non solo, al fine di non suscitare disagio o irritazione nell’interlocutore. Ed ha dato frutti copiosi nella buona e nella cattiva sorte. Sia gli inviti, sottoposti ad una preziosa analisi preliminare, sia il dissenso, articolato attraverso stratagemmi, sono entrati nel tempo a far parte della vita sociale, politica, economica dei cinesi.
E’ grazie a questa cultura, che i cinesi fanno parlare il silenzio e privilegiano la sobrietà. Ci sono anche quando sembrano farsi ignorare, come è accaduto negli ultimi tre anni, segnati dai epici conflitti in Europa e Medio Oriente. I rumors sulla partecipazione di un contingente cinese nella composizione di una forza militare di peace-keeping, che garantisca sicurezza e rispetto della pace in Ucraina, ha suscitato perciò grande attenzione e colto di sorpresa. Eppure, è del tutto comprensibile che la Cina esca dal finto letargo cui amici e nemici l’avevano relegata.
La polarizzazione delle relazioni fra le potenze mondiale, su un piano bilaterale USA-Russia, non poteva piacere a Pechino né agli europei, messi all’angolo senza troppi complimenti da Donald Trump sia come partner storici (Alleanza Atlantica) sia come parte direttamente interessata alle sorti del conflitto russo-ucraino, per il quale si sono svenati
Il fatto che la presenza cinese nel novero dei “volenterosi” sia stata anticipata da una fonte tedesca e che sia stata annunciata una visita a breve scadenza di Ursula von der Leyen e di António Luís Santos da Costa (Presidente del Consiglio europeo) a Pechino, quanto le dichiarazioni cinesi sulla necessità che al tavolo delle trattative di pace sull’Ucraina siedano i rappresentanti dell’UE inducono a ritenere che gli europei non siano affatto estranei al cambio di passo cinese.
C’è dell’altro, naturalmente. Pechino mette all’incasso la sua posizione defilata: ha finora dato una mano alla Russia, senza farsi coinvolgere direttamente, istaurando un rapporto sbilanciato (a suo favore) con la Russia, acquistando gas russo sotto costo dopo le sanzioni dell’UE. Ora entra in scena attraverso la porta principale.
E’ una buona notizia? Non lo è per Trump, che verso la Cina ha lanciato moniti e avvertimenti su diversi fronti, e non ha fatto mistero della sua intenzione di strappar Putin dalle braccia di Pechino. L’idea di isolare la Cina è velleitaria, non è l’unica ad esserlo. La Casa Bianca dovrà accettare a denti stretti l’ingombrante presenza cinese in Ucraina, presenza che passa attraverso l’assenso russo. Mosca vuole molto per arrivare alla tregua, la trattativa gli concede tempo. La questione spariglia, insomma. Manda all’aria la strategia trumpiana verso Mosca, che gli consente di giustificare i regali copiosi fatti finora a Putin (delegittimazione di Zelesky, marginalizzazione dell’Europa, le buone ragioni dell’invasione ecc), e incoraggia un avvicinamento politico, commerciale ed economico dell’Europa a Pechino, eventualità questa che già come tale dovrebbe suggerire alla Casa Bianca di dismettere atteggiamenti bulleschi verso l’Europa.
Non sono tutte rose e fiori. La Cina è invadente, specie nelle relazioni commerciali, ma può essere contenuta, perfino “usata”, ma con giudizio. Niente doppio gioco, insomma. La partita va giocata per uscire dall’angolo, considerato che l’alleato di sempre predica che l’Europa sia nata per “fottere” gli americani (letterale).
L’Italia? Non c’era e se c’era dormiva, in attesa (al risveglio) di essere ricevuta a Washington