A volte basta poco: una cravatta ben annodata, una pausa ben piazzata, un inchino che non sembra una caricatura. E improvvisamente l’Italia si ritrova a parlare del re Carlo come se fosse Churchill redivivo. Ma attenzione: qui non si parla d’amore improvviso, né di folgorazione sulla via di Canicattì. Piuttosto, è come se ci fossimo accorti che esiste ancora qualcuno che sa stare al mondo. Ed è bastato.
Perché diciamocelo: Carlo III non è mai stato particolarmente simpatico, né prima né dopo la corona. Ha attraversato la sua lunga preparazione al trono con l’entusiasmo riservato a un documentario sulla crescita del muschio. Eppure eccolo qui, in visita in Italia, acclamato quasi come un’icona. Cos’è cambiato? Forse il discorso. L’italiano dignitoso, con una pronuncia quasi affettuosa nella sua imperfezione, e soprattutto i contenuti: democrazia, antifascismo, Resistenza. Parole che un tempo facevano parte del paesaggio, ora sembrano quasi fuori tempo, per alcuni provocatorie, comunque da silenziare. In un’Italia dove l’antifascismo è diventato un tema “divisivo”, sentirlo citare da un re britannico ha quasi il sapore di una lezione, gentile ma ferma. Una spolverata di valori in salotto.
Ma oltre alle parole, conta lo stile. Ed è qui che il contrasto diventa tagliente. Pensiamo a Donald Trump: il trionfo della volgarità elevata a sistema politico. Gesticolazioni da bar dello sport, linguaggio da reality, sprezzo per qualunque forma di decoro istituzionale. Un re così, per fortuna, gli Stati Uniti non lo avranno mai formalmente, ma in pratica sì. Carlo, al contrario, è stato l’antitesi vivente: niente effetti speciali, niente urla, niente rancori e social network sorprendentemente buonisti.
Sarebbe facile dire che Carlo brilla solo perché il mondo è pieno di ombre. Che la sua sobrietà risalta perché il livello medio del dibattito pubblico è sceso sotto la linea di galleggiamento. Forse è vero. Ma forse no. Forse, semplicemente, avevamo bisogno di qualcuno che incarnasse una certa normalità regale, quella sobrietà d’altri tempi che non è solo forma, ma sostanza. Il successo di Carlo, in fondo, è un promemoria: la buona educazione può essere una posizione politica. E non necessariamente conservatrice. In tempi in cui l’arroganza è scambiata per carisma, la sobrietà può avere il sapore inatteso della ribellione.
E se a ricordarcelo è stato un re, be’, per una volta, lunga vita alla monarchia (britannica, beninteso).







