Perché esistono i Pro Pal, che manifestano contro Israele, aggressore della Palestina (Gaza), e non ci sono i Pro Ucraina, nei cortei del 25 aprile, Festa della Liberazione? Perché c’è solidarietà verso la resistenza palestinese, che è “di fatto” rappresentata dai terroristi di Hamas, e c’è silenzio, assordante verso la Resistenza degli ucraini?
L’aggressione israeliana, provocata da una strage (il 7 ottobre) di Hamas, trova voce, presenza e partecipazione convinta nei cortei mentre l’aggressione russa è ignorata, o rappresentata da una invocazione alla pace, che di fatto riconosce le ragioni dell’aggressore?
Si può, anzi si deve accettare la pace dell’aggressore, perché è più forte, cioè una resa senza condizioni, e riconoscere alle milizie fondamentaliste di Hamas, responsabili di atrocità, una legittimazione politica di rappresentanza resistente di un popolo che la stessa Hamas ha cinicamente condannato al genocidio?
Israele ha perso l’onore. Il progetto di feroce pulizia etnica ha un costo altissimo ne ha fatto la nazione più insicura al mondo per i prossimi cento anni. Il suo governo, composto da religiosi fondamentalisti, si è macchiato di crimini contro l’umanità, isolandosi dal resto del mondo e regalando una patente di vittimismo al terrorismo radicale militante. Un comportamento esecrabile, che conta sul sostegno degli Stati Uniti di Trump.
Nei cortei del 25 aprile non si chiede la pace a Gaza, ma la riconsegna a Hamas del popolo palestinese, sequestrato dai miliziani e dai loro alleati in Medio Oriente. Sull’Ucraina si tace o si chiede la pace, la consegna a Putin di una nazione aggredita. Questa disparità di giudizio nel giorno della Liberazione rinnega il significato profondo dell’Anniversario, la memoria della Resistenza all’oppressore e della lotta per le libertà e l’indipendenza.
Deve pur esserci qualcosa che fa vibrare i cuori e scuotere le menti da una parte. Che cosa? Ci spetta allora chiederci quale cultura, quali sollecitazioni, quali motivazioni, palesi o ignote, abbiano creato questa disparità, essendo palese, ogni oltre ogni ragionevole dubbio, che sia i palestinesi quanto gli ucraini abbiano sofferto la legge del più forte: l’aggressore porta il nome della Russia di Putin e di Israele di Netanyahu.
Ciò che mi viene in mente d’istinto, è il carisma della Russia, erede dell’Unione Sovietica, la patria dei proletari di tutto il mondo (poi divenuta la patria degli oligarchi più ricchi al mondo); l’antiamericanismo militante, che trova una conferma nel sostegno incondizionato di Trump a Netanyahu; l’antica avversione all’Inghilterra nata durante il regime fascista (la plutocrazie e la massoneria di rito anglosassone, custodita dalla cultura complottista premiante nel postfascismo del nostro tempo) e alimentata dall’ambiguità inglese nel patto con i sionisti sulla nascita di Israele. Questa strana commistione post fascismo e post comunismo spiegherebbe il fascino esercitato da un autocrate cinico e illiberale come Putin ed un antieuropeismo strisciante in entrambe le aree politiche.
Va annoverata fra le altre ipotesi, la primazia russa nella “disinformatia”, che nasce con il KGB (affatto estraneo alla crescita politica di Putin), e diventa una vera e propria macchina da guerra con Putin, tanto da realizzare straordinarie performances negli appuntamenti elettorali (elezione di Trump nel 2016, Brexit ecc). Questa primazia trova nei fruitori più solerti del web, giovani, i destinatari naturali di fakes efficaci, alimentate da insospettabili ed autorevoli rappresentanti della cultura post fascista, operanti anche nel deep state italiano.
Scendendo nel panorama politico italiano, merita attenzione la ricerca del consenso che induce schieramenti politici, come il M5S populista, senza radici ideologiche, a rappresentare l’area più nutrita dai social. C’è ancora uno strano apparentamento fra uno dei partiti di governo, la Lega, partito anch’esso sprovvisto di riferimenti politici stabili, e il partito russo di Putin, un patto “in sonno” con l’ingresso nell’esecutivo del segretario politico, Matteo Salvini, la cui vicinanza a Putin è testimoniata perfino nelle t-shirt del segretario leghista.
Resta inspiegabile la trasversale vicinanza alla Russia, sottobanco soprattutto. Le motivazioni ufficiose come l’inevitabile sconfitta dell’Ucraina destinata a soccombere e l’accerchiamento della Nato che avrebbe reso insicura la Russia, non persuadono se si considerano le legittime forti e persistenti preoccupazioni delle nazioni baltiche e confinanti, in passato vittime di aggressioni (Finlandia, Estonia, Lettonia, ecc). L’enigma merita di essere affrontato. E’ assai importante conoscere la natura e la qualità delle pressioni esercitate dalla Russia in Italia.







