Quella foto con Zelensky, one to one, sotto la cupola di San Pietro, così iconica e così vicina a Francesco, ma così lontana dal rodeo della Casa Bianca, ci regala una versione riveduta e corretta di Donald Trump ? Un abbaglio, come dono del Papa scomparso. Le volontà di pace e l’amore sconfinato verso Francesco pretende che si creda al miracolo, ma la realtà è dura, e Damasco pure. L’apostolo Paolo, persecutore dei cristiani, ha costruito la Chiesa di Roma sulla pietra “ad angolo” che era stata scartata. Il Presidente degli Stati Uniti in ottanta giorni ha destrutturato il “nostro” mondo, suscitato sgomento e ponendo tanti inquietanti interrogativi sul futuro, ancora senza risposta. E’ bene mettere in stand by quel one to one nella Basilica di Pietro. Un bagno nella realtà, previene dalle illusioni, dalle cocenti delusioni e da errori catastrofici.
C’è qualcosa di più che folclore nel paragone tra Donald Trump e certi personaggi storici dal profilo inquietante, tirati per la giacca dai libri di storia da cronisti, politologi, economisti e storici di razza sui giornali più letti del pianete: Caligola, Cesare Augusto, Mussolini, Napoleone, Don Vito Corleone, perfino Silvio Berlusconi, (su cui non si studia a scuola, ma si ha memoria nelle stanze dei bottoni). Evocati per dare corpo all’indignazione ed alla paura per l’amico americano, questi nomi hanno il compito con maggiore profondità di una profilazione contemporanea, una genealogia del potere presente in alcuni tratti dell’ex presidente americano esaltati da un narcisismo smodato.
Trump appare l’erede contemporaneo di un’antica pulsione politica che fonde autoritarismo, culto della personalità e spettacolarizzazione della leadership. E lo fa in un contesto che dovrebbe costituirne l’antitesi: la democrazia liberale post-novecentesca. Le sue determinazioni, – l’ultima è avere ordinato all’FBI, l’arresto di un magistrato che si è opposto alla deportazione di irregolari – mirano ad abbattere il sistema di bilanciamento dei poteri su cui è nata e si è sviluppata la democrazia americana, il sistema delle alleanze euroatlantiche, della multilateralità, del commercio mondiale. Tutto, insomma. Non c’è da stupirsi perciò, se autorevoli editorialisti si siano sbizzarriti nel cercare contemporaneo accostamenti tanto roboanti quanto provocatori ed iperboli mediatiche che suggeriscono similitudini reali con leader che hanno unito il potere politico a una narrazione mitica di sé stessi.
Rivisitare questi personaggi ci offre l’immagine vivida che Donald Trump si è cucito addosso sfidando il mondo.
Caligola
Quando l’imperatore romano Caligola ordinò di essere adorato come un dio vivente, stava aprendo una porta simbolica che molti, nei secoli, avrebbero attraversato. Trump, nella sua versione evangelico-nazionalista, si è fatto portavoce di una “chiamata divina”, raccontando che solo l’intervento di Dio lo avrebbe salvato da un attentato. La sua presenza nello Studio Ovale, circondato da predicatori in preghiera, è l’immagine plastica di una religione convertita in marketing personale. Come Caligola, Trump impone una sacralità deformata: non si tratta di fede, ma di egolatria istituzionalizzata.
Cesare Augusto
Cesare Augusto non fu solo il fondatore dell’Impero romano: fu anche il primo padrino di Stato: governava con l’arte della lealtà personale e dell’eliminazione silenziosa del nemico. Trump ha mutuato questo stile: lo ha reso show, pur mantenendone la sostanza. Chiede fedeltà cieca, premia chi gli resta accanto anche nella caduta, punisce con l’ostracismo (o con i tweet) chi osa contraddirlo. Il potere si trasforma in una rete clientelare, dove la legge è un dettaglio secondario e la vendetta è una virtù. Cesare “tradisce” la Repubblica e costruisce l’Impero romano. Dopo aver vinto la guerra civile contro Pompeo Magno Cesare, già Pontefice massimo, diventa anche “Dittatore a vita” e “Imperator”
Napoleone
Napoleone prometteva ordine, ma portava guerra. Invece che servire la Rivoluzione, dalla quale nasce, costruisce l’Impero e si trasforma in un despoya. Anche Trump si propone come il salvatore di un’America decadente, assediata da nemici interni ed esterni, in declino spirituale. In realtà, ne ha accelerato la frantumazione. Ha usato un linguaggio violento per descrivere ogni dissenso, delegittimando il sistema democratico. Come Bonaparte, non è solo un uomo forte: è un sintomo. Il prodotto finale di un’epoca in cui la fragilità delle istituzioni si salda con la rabbia diffusa, in cerca di un condottiero più che di un presidente.
Mussolini
Il Duce amava il balcone come un influencer ama Instagram. Capiva che il potere non si esercita solo, si rappresenta. Anche Trump è un attore della politica, un istrione che usa la scena per semplificare il conflitto e polarizzare il consenso. Comizi trasformati in reality, dichiarazioni shock, insulti come atti d’amore per il pubblico. Come Mussolini, Trump alimenta un populismo teatrale, rozzo ma efficacissimo. Non spiega: interpreta. Non governa: recita. Ed è proprio in questo che risiede la sua pericolosità.
Berlusconi
Silvio Berlusconi è stato evocato perché fu il primo a capire che si può governare come si dirige un’azienda di intrattenimento. Trump ha seguito il manuale berlusconiano: imprenditore di successo (autocertificato), outsider politico, maschio alfa dalla retorica iperliberista ma al tempo stesso paternalista. Come Berlusconi, Trump ha messo in crisi la distinzione tra pubblico e privato, trasformando la Casa Bianca in una dependency della Trump Organization. E, come Berlusconi, ha eroso le fondamenta dell’etica istituzionale con un sorriso e un sopracciglio alzato.
La democrazia sotto assedio
C’è un filo rosso che unisce queste figure storiche a Trump: l’ossessione per il controllo totale del racconto. Ma se i modelli del passato agivano in regimi autocratici o in contesti pre-democratici, Trump lo ha fatto forzando le regole della democrazia, piegandole dall’interno. È riuscito a portare Caligola in un talk show, Mussolini su Twitter, Napoleone in un rally del Midwest. Il tutto con l’efficienza di un algoritmo e la spudoratezza di un influencer.
Trump, tuttavia, non è un’anomalia. È una mutazione. E come tutte le mutazioni, porta con sé un futuro possibile, forse probabile. In cui la politica non è più solo governo, ma performance assoluta, dove la democrazia rischia di diventare il palcoscenico finale di un potere che si crede eterno.
(L’articolo è stato elaborato con il supporto dell’IA per la ricerca dei personaggi storici)