Riccardo Manzotti ha chiesto all’ultima versione di ChatGPT che cosa pensa del futuro dell’umanità (Il Fatto, 2.4.25). La sua risposta è stata da brividi. Lo scenario più probabile è quello dell’estinzione morbida cui si arriva per tre step, nel giro di meno di un secolo: l’illusione del controllo, il punto di rottura, il collasso e, per finire in bellezza, la transizione verso una civiltà post-umana. Questa profezia distopica ti persuade?.
“La storia dell’uomo è un lungo addio all’illusione del controllo.” Questa frase, che potremmo attribuire tanto a uno stoico dell’antichità quanto a un fisico teorico contemporaneo, sintetizza bene il cuore della visione delineata da ChatGPT nel colloquio con Riccardo Manzotti, pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 2 aprile 2025. L’intelligenza artificiale, interrogata sul destino dell’umanità, ha restituito uno scenario da pelle d’oca: estinzione morbida, in tre fasi – illusione del controllo, punto di rottura, collasso – con una transizione verso una civiltà post-umana.
Non è la prima volta che l’umanità si sente profetizzare la propria fine. Dalle apocalissi religiose ai modelli climatici più sofisticati, la tentazione di leggere il presente come prologo del disastro è antica quanto la specie stessa. Ma, come insegna l’antropologo Yuval Noah Harari, “le narrazioni determinano le nostre azioni più delle statistiche”. Dunque vale la pena prendere sul serio queste narrazioni, anche se non alla lettera.
Chi sono oggi i “profeti armati”, nel senso machiavellico del termine? Sono gli scienziati del clima, i data scientist, gli ecologi sistemici. Armati di dati, algoritmi e modelli predittivi, ci mostrano come la traiettoria della nostra specie – consumo crescente, diseguaglianze, uso distruttivo della tecnologia – punti verso uno squilibrio sistemico.
Il concetto di “punto di rottura” non è una metafora poetica, ma una soglia termodinamica. Quando un ecosistema supera certi limiti, si trasforma in qualcosa di radicalmente diverso. La crisi climatica, il collasso della biodiversità, l’automazione incontrollata: tutto questo non ci porta a una catastrofe spettacolare, ma a una dissolvenza lenta. Una “estinzione morbida”, come l’ha chiamata l’IA – più simile all’addormentarsi che al bruciare.
Ma i “profeti disarmati” – filosofi, scrittori, educatori – ci ricordano che la storia non è scritta nei codici sorgente. Ivan Illich parlava già negli anni ’70 di “società conviviale”: un modo di vivere che non dipende dalla crescita infinita ma dalla qualità delle relazioni. Hannah Arendt ci invitava a distinguere tra fare e agire, e a coltivare uno spazio politico dove la parola e la responsabilità siano ancora possibili. Albert Camus, nel Mito di Sisifo, suggeriva che il vero eroismo moderno è continuare a vivere “senza ricorrere alla speranza”.
Anche la cultura popolare, a volte derubricata con leggerezza, ha espresso queste tensioni. La fantascienza, da Blade Runner a Black Mirror, ci aiuta a pensare l’“oltreumano” non come fantascienza ma come parabola del presente. Non per spaventarci, ma per renderci vigili.
Di fronte a questi scenari, non serve né il cinismo né la predica. Serve una lucidità operosa. Il futuro non è un destino, ma una costruzione collettiva. L’intelligenza artificiale può aiutarci a vedere certe dinamiche che ci sfuggono – ma siamo noi a dover decidere se usarla per allungare l’ombra del dominio o per accorciare la distanza tra i nostri ideali e la nostra realtà.
Nessun algoritmo ci salverà dall’apatia, dalla delega, dall’idea che “tanto non cambia nulla”. Ma possiamo, giorno per giorno, imparare a vivere in modo più responsabile, non per eroismo, ma per buon senso. Con consapevolezza. Con ironia. Con spirito critico. Perché, come diceva Montaigne, “La più grande cosa al mondo è sapere essere sé stessi.”
Fonti di riferimento:
- Il Fatto Quotidiano – 2 aprile 2025 – Intervista a ChatGPT di Riccardo Manzotti
- Yuval Noah Harari – Homo Deus
- Hannah Arendt – Vita activa
- Ivan Illich – La convivialità
- Albert Camus – Il mito di Sisifo
 
			 
			







