Perché Stellantis si chiama così? da che cosa nasce il marchio, che non ha portato molta fortuna all’industria automobilistica nata in Italia? Il nome non è certo la spia di strategie, ma potrebbe rivelare elementi degni di attenzione. Quali messaggi trasmette un brand così distante dalle radici che un tempo affondavano saldamente nella terra italiana? È possibile che il nome stesso sia una metafora della trasformazione, o meglio, dell’allontanamento graduale del vecchio marchio Fiat dall’Italia?
La nascita di Stellantis, il colosso automobilistico nato dalla fusione tra Fiat Chrysler Automobiles (FCA) e il gruppo francese PSA, rappresenta un capitolo significativo nella storia dell’industria automobilistica. Il nome, che richiama vagamente le stelle e un’idea di ascensione, merita un’analisi più approfondita.
Stellantis deriva dal verbo latino “stello”, che significa “essere cosparso di stelle”. L’intento dichiarato era evocare un senso di ispirazione, innovazione, e progresso. L’idea era quella di proiettare il nuovo gruppo verso il futuro, verso le stelle appunto, enfatizzando il carattere globale e ambizioso dell’azienda. Insomma, per aspera ad astra, «attraverso le asperità sino alle stelle».
Tuttavia, questa scelta apparentemente sofisticata non risuona con la stessa forza delle marche che hanno fatto la storia dell’auto italiana. Dove sono finite la concretezza e l’identità di Fiat, Lancia, Alfa Romeo? Il nome Stellantis sembra più un esercizio di marketing che una celebrazione di un’eredità storica. E forse, in questa disconnessione linguistica, si cela un indizio delle strategie sottostanti. Stellantis è forse il simbolo perfetto di questa trasformazione: non più un nome che evoca radici, ma uno che guarda al cielo, sfuggente e intangibile.
Fiat, un tempo simbolo dell’industria italiana, aveva già iniziato il suo percorso di “fuga” dall’Italia con il trasferimento della sede legale in Olanda e di quella fiscale a Londra, decisioni che avevano generato non poche polemiche. L’unione con Chrysler, prima, e PSA, poi, ha sancito definitivamente il carattere transnazionale del marchio. Stellantis non è più né italiana, né americana, né francese: è una multinazionale che si presenta come entità astratta, lontana dalle identità locali. Ma l’operazione, per quanto globale, lascia un retrogusto amaro. Le fabbriche italiane lottano per mantenere la produzione e l’occupazione, mentre i centri decisionali si allontanano. Lontani i tempi in cui Fiat era l’orgoglio di Torino e di tutta l’Italia industriale.
E così, mentre Stellantis guarda alle stelle, molti italiani osservano con preoccupazione la terra che si allontana sotto i piedi. La scelta del nome, apparentemente neutrale, diventa quasi ironica. Dove ci porteranno queste “stelle”? Verso nuove glorie o verso un’ulteriore perdita di identità?
Il percorso con cui l’ex Fiat ha disinvestito dall’Italia, pur mantenendo ancora alcune produzioni chiave, è una metafora di un paese che fatica a trattenere le sue eccellenze. Stellantis, lungi dall’essere un semplice rebranding, è la testimonianza di una fuga lenta ma inesorabile dalle radici italiane. Ma la domanda resta: è possibile, per un’azienda che ha perso il suo cuore nazionale, conquistare davvero il mondo? O il rischio è quello di perdersi nell’immensità …del cielo stellato?








