Le più recenti valutazioni dell’intelligence statunitense, presentate pubblicamente nel corso di un’audizione al Senato il 25 marzo 2025, delineano un panorama geopolitico in profonda trasformazione. Secondo il rapporto citato da fonti quali Sky News, The Washington Post e rilanciato da La Gazzetta del Mezzogiorno e Il Messaggero, la Federazione Russa sarebbe impegnata nello sviluppo di un satellite concepito per trasportare un’arma nucleare nello spazio, con “potenziali conseguenze devastanti” per la sicurezza internazionale. Parallelamente, il documento descrive la Cina come la “minaccia militare e cibernetica più completa” per gli Stati Uniti, evidenziando il rafforzamento delle sue capacità nel dominio spaziale, cibernetico e dell’intelligenza artificiale applicata alla difesa.
Tali sviluppi impongono un riesame radicale delle posture strategiche occidentali, e in particolare europee, alla luce di un disordine internazionale sempre più marcato e della crescente erosione delle architetture multilaterali di sicurezza.
L’erosione dei regimi di controllo e la militarizzazione dello spazio
Il progetto russo, se confermato, configurerebbe una violazione potenziale del Trattato sullo Spazio extra-atmosferico (OST, 1967), che vieta l’installazione di armi nucleari o di qualsiasi altra arma di distruzione di massa in orbita terrestre o su corpi celesti (Art. IV). Tuttavia, l’assenza di meccanismi vincolanti di verifica, unita al progressivo declino del regime internazionale di controllo degli armamenti (si pensi alla sospensione unilaterale da parte della Russia del New START nel 2023), lascia spazio a una crescente ambiguità strategica, in cui il principio della deterrenza reciproca si fa sempre più fragile.
Nel contempo, la corsa alla supremazia tecnologica in ambito spaziale si intensifica. Il documento NATO “Overarching Space Policy” (2022) riconosce lo spazio come un dominio operativo al pari di terra, mare, aria e cyberspazio, e stabilisce che un attacco a un asset spaziale di un Paese membro può attivare il meccanismo dell’Articolo 5 del Trattato Nord Atlantico. Tuttavia, tale riconoscimento non si è ancora tradotto in un’effettiva capacità europea autonoma di sorveglianza, difesa e deterrenza nello spazio.
Il doppio fronte della minaccia sino-russa
L’intelligence americana evidenzia che la Cina ha già acquisito capacità in grado di minacciare asset spaziali e terrestri critici statunitensi attraverso attacchi informatici, interferenze elettromagnetiche e tecnologie anti-satellite (ASAT). Questi sviluppi rispecchiano quanto delineato nel documento “2023 EU Space Strategy for Security and Defence”, in cui si riconosce che la “competizione strategica nello spazio sta aumentando”, e che lo spazio è “essenziale per la resilienza, la sovranità tecnologica e la sicurezza dell’Unione”.
A ciò si aggiungono le sinergie tecnologiche e strategiche tra Russia e Cina, che condividono una visione revisionista dell’ordine internazionale, fondata su un’accelerazione dell’asimmetria nel dominio cibernetico, nella guerra dell’informazione e nella capacità di disgregare infrastrutture critiche senza ricorrere a conflitti armati convenzionali.
La vulnerabilità europea: strutturale e politica
L’Unione Europea, nonostante i progressi realizzati con l’iniziativa PESCO (Permanent Structured Cooperation), il Fondo Europeo per la Difesa (EDF) e la recente “Strategic Compass for Security and Defence” (2022), rimane priva di una capacità integrata e credibile di deterrenza strategica. La frammentazione dei sistemi d’arma, la duplicazione di progetti e la debole interoperabilità tra forze armate nazionali costituiscono ostacoli strutturali alla costruzione di un’autonomia strategica effettiva.
In ambito accademico, autori come Sven Biscop e Thierry Tardy hanno più volte sottolineato come l’Unione debba superare l’ambiguità tra la sua vocazione normativa (normative power) e la necessità di assumere una postura realista in un ambiente internazionale sempre più competitivo e securitario. La deterrenza, come spiegato da Thomas Schelling e successivamente rielaborato da Lawrence Freedman, non è una prerogativa delle grandi potenze nucleari, ma una funzione adattabile a vari livelli, purché si fondi su credibilità, capacità e volontà di impiego.
Deterrenza, resilienza e responsabilità strategica
Alla luce di queste evidenze, l’inerzia europea non è più sostenibile. Essa non è neutrale, ma rappresenta una forma di esposizione attiva a minacce sistemiche. Occorre quindi un salto qualitativo nella cooperazione intergovernativa europea, che vada oltre il coordinamento tecnico e abbracci una vera e propria politica comune di deterrenza e resilienza strategica. Ciò implica investimenti coerenti in tecnologie duali, capacità anti-satellite, architetture di cybersicurezza paneuropee e rafforzamento della capacità di risposta comune alle minacce ibride.
In ultima istanza, l’Europa è chiamata a scegliere se restare un attore dipendente e vulnerabile in un mondo sempre più multipolare e conflittuale, o se dotarsi degli strumenti – normativi, tecnologici e strategici – per difendere la propria sovranità, i propri interessi e il proprio modello di società aperta e pluralista. In un’epoca in cui lo spazio è divenuto teatro di conflitto latente, e la tecnologia lo strumento privilegiato della coercizione strategica, la deterrenza non è più un’opzione: è una responsabilità politica, istituzionale e civile.
(Per l’elaborazione dell’articolo mi sono avvalso dell’IA)







