E’ un tempo che smarrisce. Gli uomini i vivono come topi in una nave, di cui non conoscono la rotta. La verità, perché sia verosimile, si serve di bugie: stato di necessità, qualcuno lo chiama. Le menzogne, sdoganate, hanno le risonanze emotive dalla verità. Per combattere i mostri del nostro tempo – l’ingiustizia, l’ignoranza e la paura – bisogna indossare l’abito di Don Chisciotte ed accettare di essere dileggiati. Conquistare l’orizzonte perciò è un obiettivo decente, ma la sfida si svolge fra chi ci prova e chi no, non fra chi vince e chi perde. Ed a provarci sono pochi.
In un’epoca segnata dall’indeterminatezza, la sensazione di smarrimento si è fatta universale. Gli uomini vivono il presente senza un’idea chiara del destino che li attende. Questo stato di sospensione, un’intercapedine tra il disincanto e l’impotenza, nutre le radici di una società in cui le menzogne prosperano non come eccezioni, ma come necessità. La verità, per essere accettata, si traveste spesso di bugie; adotta tonalità emotive che la rendono plausibile. Lo “stato di necessità” è un ossimoro che giustifica ciò che dovrebbe essere inaccettabile. Eppure, questa distorsione sistematica ci conduce sempre più lontano dalla giustizia, dall’empatia e dalla comprensione reciproca.
Ingiustizia, ignoranza e paura sono i nuovi draghi del nostro tempo. Essi non si presentano con le sembianze terrificanti delle leggende, ma si insinuano nella quotidianità, alimentati dalla passività generale. Combatterli richiede un gesto di ribellione che tanti giudicano inutile, anacronistico, persino ridicolo. Non resta che accettare di essere Don Chisciotte, cavalieri erranti senza eserciti, disposti al ludibrio pur di mantenere vivo un ideale?
Il chisciottismo contemporaneo non è follia, ma lucidità. È la consapevolezza che il vero valore risiede non nella vittoria, ma nel tentativo. In un mondo che misura tutto attraverso il risultato, la scelta di combattere sapendo di perdere assume una dimensione rivoluzionaria. Lo è stato tale anche nella notte dei tempi, quando venne rappresentato da poeti tragici come Eschilo con Prometeo.
Conquistare l’orizzonte è un atto politico. Significa sfidare le logiche stagnanti, quelle che ci vogliono immobili osservatori, consumatori di destini già scritti. La vera battaglia, come affermato, non si gioca tra vincitori e vinti, ma tra chi tenta e chi non osa. Provare significa essere parte attiva del proprio tempo, pur sapendo che il fallimento è dietro l’angolo. Pochi ci provano, è vero. La folla preferisce l’inerzia del conformismo, il rassicurante abbraccio del sistema. Sono scintille, capaci di incendiare idee, sogni, e, talvolta, la stessa realtà paralizzante con i suo sonnambuli.
Non si tratta di salvare il mondo, ma di salvare se stessi dalla mediocrità, dall’indifferenza, dall’omologazione. Chi si impegna in questa lotta non è un eroe, ma un uomo che guarda il presente, che costruisce il futuro come un artigiano, senza illusioni, ma con speranza. La sfida del nostro tempo non non è vincere, ma osare.








