(Salvatore Parlagreco) Nell’altra era geologica i pubblicitari ne facevano di cotte e di crude per “vendere” il loro prodotto, utilizzando donne discinte e volari ammiccamenti. Ricordo lo spot dei petrolieri, I got e tiger in mai tank, con una donna bellissima che indossava un bikini leopardato e poggiava sulla bocca la pompa della benzina in un distributore.
Le cose sono cambiate da allora, c’è maggiore senso della misura; volgarità e furbizia non sono sparite dal mondo della pubblicità, le donne continuano ad essere usate. Quando la prospettiva di un ritorno generoso di consensi, e di vendita, è a portata di mano, non si rinuncia al vecchio clichet.
Un episodio recente, siciliano dalla testa ai piedi, ci fa tornare sull’argomento: si scontrano su campi avversi il Presidente della Commissione regionale antimafia, Claudio Fava, e niente meno che il governo regionale, impegnato per interposta persona in una campagna di comunicazione istituzionale contro l’abuso di alcool da parte delle donne, ritirata dal web poche ore dopo la pubblicazione “perché accusata da più parti di essere sessista e volgare”.
Di che si tratta? Le destinatarie sono rappresentate in un manifesto con un viso giovanile, capelli lunghi e fluenti e un paio di seni generosi, a loro volta coperti (ma non troppo) da un robusto reggiseno. Una scelta molto selettiva. Mostrare i seni (seppure coperti), come le banane di Jonny Stecchino, è diventato il Piave del buongusto, e attraversarlo può costare caro. Il comune senso del pudore, che mandava in tribunale gli hot pants delle turiste nordiche sui sui marciapiedi di Palermo per ordine del celebre Pretore Salmeri, si è attestato sulla nuova trincea dell’intimità femminile.
Il deputato regionale Fava, firmatario di una interrogazione parlamentare, ha chiesto la testa degli autori della campagna antialcolista, colpevoli di una deriva sessista e di spreco di risorse pubbliche. La questione ci porta indietro d’un colpo alla campagna pubblicitaria della Zappalà, florida industria catanese delle mozzarelle, incentrata, appunto, sui seni generosi.
Fava non molla sulla difesa di valori non negoziabili, come la dignità delle donne. Il conflitto mi induce al sorriso, non ci posso fare niente, e lo confesso. I box che valorizzano con altrettanta generosità i genitali maschili passano indenni l’esame, i seni no? Perché? Non attraverso il Rubicone, intendo tenere d’occhio il confine incerto fra il cattivo gusto e la crociata. Più che il pericolo sessista, è il ridicolo che temo.
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