Negli ultimi anni, l’Italia ha vissuto un drastico cambiamento nella percezione collettiva del sistema sanitario e del personale che ne fa parte. Solo quattro anni fa, durante i mesi più bui della pandemia di COVID-19, i balconi del Paese risuonavano di applausi per medici e infermieri, celebrati come eroi civili per il loro straordinario impegno. Ma oggi, quel ricordo sembra appartenere a un’era remota, quasi geologica. I “camici bianchi” sono diventati il bersaglio di rabbia e frustrazione, incolpati per le falle di un sistema sanitario pubblico ormai in crisi profonda.35.600 nuove azioni legali intentate ogni anno contro il personale sanitario.
Le carenze del sistema vengono pagate dal personale ospedaliero e impegnato nei vari presidi pubblici. Barbara Mangiacavalli (Famiglia Cristiana, 28.9.24) in un articolo affronta il problema ricordando i dati dell’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie: “…nel 2023 le aggressioni sono state 16 mila con 18 mila operatori coinvolti, non sono conteggiati gli episodi avvenuti in Sicilia, in buona parte nel privato accreditato e nel Terzo settore… In Italia mancano 3.114 medici di famiglia e ci sono 6,2 infermieri ogni mille abitanti, il personale sanitario ha una retribuzione inferiore a quella dei paesi europei dai 40 ai 200 mila euro in più all’anno..”
Nel privato, invece, si paga e basta. Niente teste calde, ci si dissangua, dopo avere bussato invano agli sportelli sanitari pubblici che esibiscono liste d’attesa bibliche, dirottando i pazienti ( e il diritto alla salute) verso le cure a pagamento.
La realtà odierna racconta una storia, fatta di minacce, violenze e aggressioni ai danni del personale sanitario. I dati forniti dall’Osservatorio Nazionale sulla Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie e Socio-Sanitarie dipingono un quadro allarmante: nel 2023 sono stati registrati 16.000 episodi di aggressioni contro operatori sanitari, coinvolgendo circa 18.000 professionisti. mancano circa 3.114 medici di famiglia e il rapporto infermieri/pazienti è fra i più bassi d’Europa, con solo 6,2 infermieri ogni mille abitanti.
Non è difficile comprendere come dietro a questi numeri si nasconda una diffusa sfiducia nei confronti del sistema sanitario pubblico, ma scaricare tale frustrazione su chi ogni giorno si impegna a salvare vite è inaccettabile. Il problema viene affrontato come questione di ordine pubblico. L’ aumento esponenziale del carico di lavoro abbassa il livello di assistenza e gli ospedali si trasformano in trincee.
Ma non è solo il personale sanitario a pagare le conseguenze di questa crisi. Anche i cittadini, soprattutto le fasce più deboli della popolazione, subiscono un pesante contraccolpo. Le liste d’attesa per prestazioni mediche pubbliche raggiungono ormai lunghezze bibliche, obbligando chi può permetterselo a ricorrere a costose cure private. Questo spostamento forzato verso la sanità a pagamento mette in pericolo uno dei principi fondamentali della nostra Costituzione: il diritto alla salute, che diventa sempre più un privilegio riservato a pochi, piuttosto che un bene comune garantito a tutti.
La crescita della sanità privata, parallela al deterioramento di quella pubblica, crea un divario sempre più profondo tra chi può permettersi cure tempestive e chi è costretto ad attendere mesi, se non anni, per una visita specialistica. Di fronte a un sistema pubblico sempre più inefficace, molte famiglie si trovano costrette a “dissanguarsi” economicamente per garantire cure adeguate ai propri cari. Quello che fino a pochi anni fa era considerato un baluardo di equità sociale, oggi rischia di trasformarsi in un sistema sanitario a due velocità: da una parte il privato, rapido ma costoso, dall’altra il pubblico, accessibile ma cronicamente inefficiente.
Ignorare la situazione, trattando le aggressioni e le denunce contro il personale sanitario come episodi isolati o semplici problemi di sicurezza, non farà altro che aggravare ulteriormente una crisi che sta portando il sistema sanitario italiano al collasso. È necessario un ripensamento strutturale e rafforzare il sistema pubblico per garantire a tutti il diritto alla salute.