Le recenti elezioni in Austria, che hanno visto una crescente affermazione dei partiti di estrema destra, pongono una questione cruciale sul futuro della democrazia nel mondo. Se è vero che questa forza politica non guiderà il governo, il suo peso non può essere ignorato, e influenzerà inevitabilmente il panorama politico. Non si tratta di un caso isolato. Viviamo in un’epoca in cui figure come Vladimir Putin, Recep Tayyip Erdoğan, Donald Trump, Narendra Modi, Nicolás Maduro e Marine Le Pen, espressioni di una politica autoritaria, riescono ad attrarre un ampio consenso popolare. Dalla Cina al Venezuela, impera la “democratura”. Ciò che una volta era impensabile – l’elezione di leader che apertamente sfidano i valori democratici – oggi è una realtà che si espande su scala globale in un contesto segnato da unna guerra mondiale a pezzi, per usare l’espressione di Papa Francesco. Autoritarismo, sovranismo, populismo, nazionalismo estremo sono il terreno di cultura di questa pericolosa svolta. Ritorna il fascismo in forme rivedute e corrette, per farlo accettare nel nostro tempo.
La domanda che emerge, e che scuote profondamente le coscienze di chi crede nei principi della democrazia liberale, è se ci troviamo di fronte a una tendenza inarrestabile. Il “Democracy Index” dell’Economist delinea un quadro allarmante: meno dell’8% della popolazione mondiale vive in Paesi con una democrazia piena, le cui regole sono capaci di esprimere le volontà della maggioranza dei cittadini, mentre il 39,4% è soggetto a governi autoritari. Questi dati non sono solo numeri: riflettono un declino tangibile della libertà e dei diritti umani che fino a pochi decenni fa erano considerati conquiste irrevocabili.
Per comprendere la crescente attrazione verso politiche autoritarie, è necessario considerare le profonde trasformazioni che stanno attraversando le società globali. L’incertezza economica, la paura dell’immigrazione, la percezione di inefficacia delle istituzioni democratiche nel risolvere i problemi concreti dei cittadini e, non ultimo, l’iperconnettività dell’era digitale, hanno contribuito a diffondere un senso di frustrazione diffusa. L’autoritarismo, con la sua promessa di ordine, controllo e decisionismo, appare a molti come un’alternativa efficace alle complessità e lentezze della democrazia.
Personaggi come Trump o Le Pen, pur operando all’interno di sistemi democratici, hanno costruito il loro consenso su una retorica di semplificazione dei problemi, presentandosi come leader forti in grado di riportare il potere “al popolo”. Tuttavia, dietro queste promesse si cela una verità inquietante: il progressivo svuotamento delle istituzioni democratiche, la riduzione della libertà di stampa e la demonizzazione delle opposizioni, ingredienti che conducono verso un modello politico autoritario, dove i diritti individuali sono sacrificati in nome della stabilità e della sicurezza.
In questo scenario, anche le nazioni con una consolidata tradizione liberale non appaiono immuni. Il successo di figure come Marine Le Pen in Francia, Benjamin Netanyahu in Israele, o Nigel Farage nel Regno Unito, testimonia una crisi dei valori che hanno fondato le democrazie moderne. Si assiste perciò a un graduale abbandono del principio cardine del pluralismo politico, dove la diversità di opinioni e l’alternanza democratica vengono sostituiti dalla retorica del nemico interno, dalla divisione sociale e dalla polarizzazione ideologica.
La stessa democrazia americana, faro e modello per tutto l’Occidente, è oggi in grave pericolo. La possibilità di un ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, nonostante l’attacco golpista del 6 gennaio 2021 al Congresso degli Stati Uniti, è sintomatica di una democrazia in crisi. Non è più solo una battaglia tra partiti politici, ma un attacco all’anima stessa del sistema democratico.
Questa tendenza è davvero inarrestabile? Non possiamo permetterci di crederlo senza abbandonarci alla resa: Il declino della democrazia non è inevitabile, ma richiede un impegno costante e consapevole da parte di coloro che credono nei suoi valori. Le democrazie non muoiono improvvisamente, ma si erodono lentamente, spesso con il consenso di una parte significativa della popolazione. Per fermare questo processo, è necessario ripensare ai meccanismi decisionali che adottano le istituzioni democratiche, a una risposta efficace ai bisogni e alle paure delle persone, e soprattutto e una difesa strenua dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
Il mondo sta attraversando una fase di grandi cambiamenti, e i leader autoritari offrono soluzioni semplici a problemi complessi. Tuttavia, la storia ci insegna che tali soluzioni, sebbene attraenti nell’immediato, portano spesso a tragedie umane e sociali di lungo termine. La domanda, quindi, non è solo se la tendenza autoritaria sia inarrestabile, ma se siamo disposti a fare ciò che è necessario per fermarla.