Alfonso Berardinelli (il Foglio 27.9.24) si chiede “chiederci quale sia e come si sia formato storicamente il carattere degli italiani”. Un esame di coscienza nazionale, dunque. Dopo avere percorso un itinerario tortuoso, segnato dalle icone storiche in ogni campo – arte, letteratura, personalità politiche, oscillato giusto il tempo necessario, caratteri prevalenti nell’immaginario codificato (generosità e semplicità, o gente scialba, sazia) per approdare nella “invenzione dell’Italia moderna”, azzarda un verdetto severo: E’ avvenuto che le modernizzazioni hanno creato un popolo populista e tecnologizzato, cioè una nuova plebe che ostacola e disgrega socialità e solidarietà pubblica…. E’ più probabile che tutta la nostra storia sia ormai finita in una globalizzata dopo-storia e in forme di barbarie o di stupidità postculturale, se non postumana” E’ come destreggiarsi fra fraintendimenti, stereotipi, profezie.
Ma cos’è davvero la coscienza di un popolo? Un insieme di gesti, azioni, scelte storiche o una serie infinita di maschere indossate a seconda delle convenienze? In effetti, l’Italia ha un passato che si gonfia come una vela nella tempesta, ma il vento che la spinge non è quello epico delle battaglie risorgimentali o delle innovazioni artistiche. Oggi quel vento soffia dai condizionatori dei centri commerciali e dagli algoritmi che scorrono sugli smartphone di una plebe tecnologizzata e, come Berardinelli azzarda, populista. È come se Garibaldi, dopo aver combattuto a Calatafimi, fosse tornato a casa per aprire un canale TikTok di ricette tradizionali.
Il grande scrittore politico russo Aleksandr Herzen, chiamato sul banco dei testimoni da Berardinelli, non nasconde né la sua affezione per il nostro Paese, né i vecchi vizi: “L’Italia, il più poetico paese del mondo, ha abbandonato il suo fanatico amante Mazzini, ha tradito suo marito, l’Ercole-Garibaldi, non appena il geniale borghese Cavour, grassottello e occhialuto, le ha proposto di prendersela come mantenuta. Con la borghesia le individualità diventano scialbe, ma la gente scialba è più sazia”.
Si può interrogare la coscienza nazionale servendosi dei sondaggi, delle statistiche, delle ricorrenti ricerche , che si prestano a critiche, perplessità, contraddizioni, accuse di scorrettezza, superficialità, errori metodologici, manipolazioni politiche. Casanova e Don Abbondio, Machiavelli e Colombo, Leonardo e Verdi, per citare alcuni padri della coscienza nazionale, nel bene e nel male, contano di più del lavoro di ricercatori e di statisti. I nomi che hanno costruito l’immaginario italiano – contano forse di più delle fredde cifre? Certo, sono eroi e anti-eroi, macchiati dalle contraddizioni e dalle passioni del loro tempo, ma è proprio qui che si nasconde l’autenticità del carattere italiano: in questa dualità, in questo oscillare tra grandezza e mediocrità.
Il verdetto di Berardinelli è severo: le modernizzazioni ci hanno resi un popolo che disgrega ogni forma di socialità e solidarietà pubblica. Ma che cos’è la socialità pubblica, oggi? Un caffè bevuto al bar mentre scorriamo notizie catastrofiche senza scomporci? O forse è quella serie di manifestazioni a cui partecipiamo solo per poter dire sui social che “c’eravamo anche noi”? Un senso di appartenenza simulato, digitale, spesso superficiale.
E Aleksandr Herzen, lo scrittore russo evocato da Berardinelli, con la sua lucida nostalgia, ce lo dice chiaramente: l’Italia, il “paese più poetico del mondo”, ha tradito gli ideali rivoluzionari di Mazzini e Garibaldi per seguire il pragmatico, un po’ borghese, un po’ opaco Cavour. La borghesia è sazia, dice Herzen. E ha ragione: la sazietà è il grande male del nostro tempo, non perché ci impedisca di sognare, ma perché ci fa credere che il sogno sia accessorio, un’optional, qualcosa che si compra su Amazon.
E allora, forse è il caso di lasciarla in pace questa “coscienza nazionale”. Gli italiani sono una contraddizione vivente, un mosaico che cambia forma a seconda di chi lo guarda. Tentare di delineare un carattere definitivo è come cercare di fermare il mare con le mani. Meglio allora immergersi nelle onde delle credenze, degli stereotipi e delle illusioni, lasciandosi smarrire. Gli italiani sono tutto e niente: sono Casanova che tradisce e Don Abbondio che si nasconde; sono Machiavelli che calcola e Colombo che scopre. In questo caos, ogni tentativo di sistematizzare è destinato a fallire.Ma, a pensarci bene, non è forse proprio questo il bello?