Nel silenzio assordante di un dibattito pubblico sempre più distratto, l’Italia sprofonda in una crisi che mina le fondamenta della coesione sociale. La crescente disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza e il galoppare incontrollato dell’inflazione sono dinamiche che non solo amplificano la sofferenza delle famiglie e delle imprese, ma ridisegnano l’intero assetto economico del Paese, erodendo la speranza in un futuro più equo.
I dati parlano chiaro, anche se vengono ignorati con ostinata superficialità: il 10% più ricco delle famiglie italiane detiene oggi oltre otto volte la ricchezza della metà più povera, un divario che si è ampliato vertiginosamente negli ultimi quattordici anni. Tra il 2010 e il 2024, la quota di ricchezza nelle mani del top 10% è passata dal 52,5% al 59,7%, mentre la metà più povera ha visto ridursi il proprio già esiguo patrimonio dall’8,3% al 7,4%. Questo squilibrio non è frutto di fatalità, ma il risultato di scelte politiche ed economiche che hanno sistematicamente premiato il capitale rispetto al lavoro, e la rendita rispetto alla produzione.
Nel frattempo, l’inflazione galoppante sta esacerbando la pressione economica su famiglie e imprese. L’aumento dei costi energetici – oltre 200 euro in più all’anno per le famiglie – e il rincaro dei beni di prima necessità come pane, frutta e verdura hanno fatto schizzare il costo della vita a livelli insostenibili. Le imprese, già penalizzate da un contesto di mercato poco competitivo, devono ora fronteggiare l’impatto devastante dei rialzi energetici, che rischiano di compromettere definitivamente la loro competitività sui mercati internazionali.
A tutto questo si aggiunge una crescita stagnante dei salari, incapace di tenere il passo con l’aumento del costo della vita. La conseguenza è un aumento della povertà, sia assoluta che relativa, che nel 2023 ha visto più di 5,7 milioni di italiani vivere in condizioni di indigenza estrema. Eppure, la disuguaglianza non si ferma al presente: quasi due terzi della ricchezza miliardaria in Italia è frutto di eredità, un dato che cristallizza le ingiustizie sociali e preclude ogni possibilità di mobilità economica per le nuove generazioni.
Come è possibile che un quadro così drammatico non abbia la risonanza mediatica che merita e prevalga la narrazione del governo, secondo cui tutto va bene o quasi?
Il rapporto Oxfam del 2025 e i dati Istat dipingono un Paese spaccato, dove pochi accumulano enormi fortune – basti pensare che i miliardari italiani hanno visto crescere la loro ricchezza di 61,1 miliardi di euro nel solo 2024 – mentre la maggioranza lotta per sopravvivere. La disuguaglianza non è solo un’ingiustizia morale: è una mina vagante per la stabilità sociale ed economica del Paese. Eppure, il dibattito politico sembra incapace di affrontare questa sfida con l’urgenza e la determinazione necessarie.
Quanto ancora potrà reggere un sistema che sacrifica il benessere collettivo sull’altare del profitto privato? Le disuguaglianze che oggi ignoriamo non si dissolveranno da sole, ma continueranno a crescere, alimentate da un’inflazione che colpisce i più vulnerabili e da politiche miopi che favoriscono l’accentramento della ricchezza.