Cui prodest? chi è il beneficiario del crimine? Ogni indagine, qualunque sia la natura, comincia dalla ricerca del movente. Cui prodest scelus, is fecit, cioè colui al quale il crimine porta vantaggi, egli l’ha compiuto. Nel processo, difensori e accusatori affidano la sorte dell’imputato alla risposta che riescono ad offrire al collegio giudicante sul beneficiario.
Anche fuori dal processo, la narrazione di episodi criminosi e politici converge sul “cui prodest”. Non meraviglia perciò che la personalità degli spiati eccellenti dello spyware israeliano, Paragon, Cancellato e Casarin, abbia indotto a seguire la pista del governo italiano alle indagini per identificare gli spioni. Cancellato è un giornalista, autore di una inchiesta che mostrò al mondo la ridotta fascista di Fratelli d’Italia; niente a che vedere con il mezzobusto di Benito Mussolini in casa di Ignazio La Russa, Presidente del Senato. I giovani finiti nell’inchiesta di Cancellato parlano, cantano, gesticolano, invocano il nazifascismo senza dare la sensazione di stare divertendosi o di partecipare ad un ballo in maschera. Il giornalista Cancellato non ha certo reso un buon servigio all’immagine del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, assai reticente a pronunciarsi antifascista.
Cancellato, insomma, si trova nella lista dei cattivi. Quanto a Casarini, è il fondatore di una Ong, che manda le navi in mare per soccorrere i migranti in pericolo durante la perigliosa navigazione verso le coste italiane. Il lavoro di Casarini non piace al governo, c su di lui e gli altri soccorritori pende come una spada di Damocle il sospetto che abbia fatto un grosso favore ai mercanti di esseri umani, alla mafia della mare, come l’ha definita Giorgio Meloni, prima che rispedisse a casa, dopo averlo smanettato, il boss di cosa nostra libica. Pescare nelle conversazioni telefoniche di Casarini, elementi che dimostrino la fondatezza del sospetto avrebbe reso un indubbio vantaggio alla tesi governati. Sul contenuto delle spiate, almeno finora, non è trapelato nulla. Ove fosse venuto a galla qualche episodio illuminante, tuttavia, verrebbe custodito in attesa di giorni migliori, dal momento che il “cui prodest” porterebbe dritto là dove tutto si può e si possiede: sofisticati sistemi e di servizi che esercitano per mestiere l’arte dello spionaggio.
C’è un problema, però: l’equazione del cui prodest uguale identità degli autori del crimine, declinata con disinvoltura, è priva di fondamento per molte buone ragioni. La premessa anzitutto è sbagliata: essa poggia sul fatto che il governo israeliano abbia venduto Paragon solo al governo italiano, attraverso i Servizi Segreti. Lo sanno anche le Suorine dell’Immacolata che i venditori di queste nuove armi da guerra – gli spyware sono armi, di fatto, ed è con essi che si vincono le tante guerre combattute sotto banco– non seguono il galateo delle monache carmelitane. Il denaro non olet. Non c’è indizio che il governo israeliano rinunci a mettere a reddito il suo prodotto bellico di maggior successo, il troyan che fa impazzire il mondo. Ogni licenza di uso costa mediamente 150 mila dollari, e con gli accessori la cifra si alza vertiginosamente. Può essere acquistato da chiunque investa sulle informazioni riservate, oggi business di successo. Le modalità dipendono dalla “ragione sociale” e dagli obbiettivi: si possono scegliere metodi collaudatissimi da Cosa nostra, proponendo la “protezione” dopo avere provocato un incidente di percorso.
Fare del governo italiano è un errore: Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Cirino, al senato ha detto che Paragon non ha rescisso il contrtato, facendo cadere la motivazione della rescissione. lanciata dal Guardian, cioè l’uso scorretto dello spyware: i giornalisti non si spiano, e Israele non avrebbe voluto essere giudicato complice di questa pratica.
Il sottosegretario alla presidenza, Mantovano, che ha la delega dei Servizi Segreti ha potuto così affermare che né il governo, né i servizi hanno alcunché a vedere con i casi di spionaggio denunciati da Meta (Whatsapp), come si evincerebbe da una indagine interna, sulla quale non è stata data alcuna informazione; e comunque sarà l’autorità giudiziaria a svolgere le indagini di rito.
Il “cui prodest” dunque non basta per lanciare sospetti o illazioni.
Significa che il Palazzo è abitato da cherubini e che i nemici di Cancellato e Casarini vadano cercati altrove? La agenzie di informazione operative in Italia sarebbero una decina: le commesse arrivano dalla mano pubblica oltre che da quella privata, un ingranaggio, che non risponde certo ai logaritmi ufficiali. Se qualcuno ha bisogno di avere informazioni riservate non mette in moto i Servizi Segreti, (ammesso che ne abbia l’autorità); commetterebbe altrimenti una imperdonabile leggerezza se lo facesse.
Il coinvolgimento dei Servizi sulle cronache dei giornali mostra che il settore così delicato della sicurezza nazionale da alcuni mesi appare fuori molto esposto. La denuncia di un presunto illecito commesso dal Procuratore di Roma Lo Voi da parte dei Servizi in piena bagarre governo-toghe, è un episodio senza precedenti, la riprova dello sbandamento che in tanti fanno risalire alle dimissioni di Elisabetta Belloni, ex direttore dei Servizi, molto stimata, la cui exit strategy è ancora oggetto di molti interogativi.