Il circo, la settimana santa, lo specchio del paese, la fiera del carlocontismo. La lista di luoghi comuni su Sanremo 2025 è lunga. Le canzonette esprimono tendenze, costumi, umori, sentimenti. Non è proprio un esame di coscienza collettiva, ma di sicuro una spia dei bisogni, desideri, volontà prevalenti. La ricerca di mercato che i produttori discografici compiono sulle mode prevalenti per confezionare il brano perimetrando il campo alle tendenze musicali e alla narrazione popolare (amori, recriminazioni, speranze, conflitti). subisce il filtro della direzione artistica del Festival. Il sigillo arriva nelle ore successive alla conclusione della kermesse sui giornali sui giornali, sui social, in TV, attraverso espressioni, aforismi, giudizi fulminei, che trasmetteranno alla storia il senso di ciò che è avvenuto nella più affollata adunata annuale di italiani. Ecco il ventaglio del detto e non detto.
- La restaurazione. Il tempo di Amadeus è stato cancellato.
- Da Piazza Venezia all’Ariston, l’adunata italica
- La grande messa laica – Un rito collettivo dove il sacro e il profano si confondono sotto i
- Il festival del “non lo guardo ma so tutto” – Perché Sanremo si vive anche per osmosi.
- La sfida tra il passato che torna e il futuro che non arriva mai – Tra vecchie glorie e giovani promesse destinate a essere meteore.
- Il trionfo nazionalpopolare – Dove l’eccellenza e la mediocrità convivono pacificamente.
- La liturgia del televoto – Dove il popolo sovrano diventa arbitro di destini artistici (o almeno così sembra).
- L’orologio del paese – Segna il tempo, tra mode e malinconie.
- Il talent per chi non ha fatto i talent – O per chi vuole una seconda possibilità..
- Il Festival del “chi si ricorda chi ha vinto l’anno scorso?”
- La fiera del “ma che c’entrano questi?” – Tra ospiti improbabili e momenti di pura confusione.
- Il termometro dell’ipocrisia – Dove l’impegno sociale è a tempo determinato e la trasgressione è sempre calcolata.
- La macchina del tempo emozionale – Dove una canzone di vent’anni fa può riportarti dritto al tuo primo amore.
- L’arena dei boomer contro la Gen Z – Ogni anno, puntuale, il dibattito sulla musica di “una volta” e quella di “oggi”.
Sanremo 2025 è descritta come un’idea di spettacolo basata sull’equilibrio rassicurante, sulla competenza senza guizzi, sull’inclusività dosata con il bilancino, sull’intrattenimento che non divide ma neanche esalta. Il carlocontismo, con cui è stato declinato il Festival, rappresenta una vera e propria normalizzazione e, per estensione, di un certo modo di intendere la televisione e lo spettacolo.
- Il Festival della compostezza – Nessuno urla, nessuno sbaglia (o se sbaglia è in modo programmato), nessuno spiazza veramente.
- L’inclusività con lo scafandro – Tutti rappresentati, ma senza disturbare. Ogni trasgressione è già stata sterilizzata prima di andare in onda.
- La liturgia del garbo – Anche la polemica è contenuta, anche la provocazione è educata.
- La retorica della festa – È tutto bellissimo, è tutto emozionante, è tutto “importante”, e guai a dire il contrario.
- L’illusionismo dell’imparzialità – Tutto sembra equo, tutto sembra giusto, ma dietro le quinte le strategie sono calibrate al millimetro.
- La rassicurante prevedibilità – Sai già quando arriverà il momento emozionante, il momento nostalgico, il momento giovane, il momento impegnato. E tutto avviene con una precisione quasi scientifica.!
Se setacciamo il fondo del pozzo sanremese, possiamo trovare quello che resta nascosto sotto la patina luccicante del festival. Qui si cela tutto ciò che è troppo vecchio per essere nostalgico e troppo nuovo per essere accettato, tutto ciò che non trova spazio nella narrazione ufficiale del Festival. Si dice sempre che Sanremo deve conquistare i giovani, ma alla fine il pubblico vero è quello storico, quello che lo guarda “perché si deve”. Un pubblico che accetta le innovazioni con scetticismo e che alla fine ama il festival proprio perché resta se stesso.
Raschiando il fondo, troviamo tutto ciò che non si cristallizza nel mito: il non detto, il trascurato, l’oblio che si nasconde sotto i riflettori.
Ecco cosa emerge:
- Il sottobosco dei dimenticati
Quelli che hanno calcato il palco, magari una volta sola, e sono spariti nel nulla. Cantanti da una sola esibizione, gruppi sciolti subito dopo, artisti che hanno tentato il colpaccio ma si sono ritrovati nel limbo. Nessuno li ricorda, tranne qualche nostalgico che scava nei vecchi video su YouTube.
- Le canzoni che non hanno lasciato traccia
Ogni anno c’è una manciata di pezzi che non rimangono impressi neanche durante la diretta. Nessun ritornello da fischiettare, nessun testo da citare, nessuna hit estiva post-festival. Sono evaporate nel nulla.
- I momenti surreali, mai diventati cult
Se il festival è una macchina ben oliata, ogni tanto qualche ingranaggio salta. Ma non tutti gli incidenti di percorso diventano “storici”. Alcuni cadono nel vuoto, senza memoria né meme a ricordarli.
- I discorsi finti-impegnati
Monologhi lunghissimi, performance che vogliono cambiare il mondo ma che nessuno ricorda dopo 48 ore. Momenti di retorica esasperata che sembrano importanti mentre accadono, ma che alla fine si rivelano bolle di sapone.
- Il trash senza riabilitazione
Ci sono momenti trash che diventano cult e altri che restano solo imbarazzanti, mai riscattati dal gusto ironico del tempo. Sono quei siparietti che nessuno vuole rivendicare, né chi li ha vissuti né chi li ha guardati.
- Le sperimentazioni che non hanno funzionato
Ogni tanto Sanremo prova a essere diverso: format alternativi, scelte di conduzione rischiose, ospiti improbabili. Se funzionano, entrano nella storia; se falliscono, vengono dimenticate con una velocità impressionante.
- La zona grigia tra polemica e indifferenza
Ci sono scandali che fanno scalpore e scandali che si spengono subito. Alcuni artisti tentano di scuotere il palco con gesti provocatori, ma se non centrano il bersaglio, finiscono nel dimenticatoio.
- Il pubblico che guarda senza partecipare
Sanremo è il festival “di tutti”, ma una parte del pubblico lo guarda con distacco totale, senza affezionarsi, senza arrabbiarsi, senza nemmeno ricordare chi ha vinto. È il pubblico che consuma il festival come un rumore di fondo, senza lasciarsi coinvolgere.
- I giovani che non sfondano
Ogni edizione ha le sue promesse della nuova musica italiana. Alcuni ce la fanno, altri spariscono senza lasciare traccia. La vetrina sanremese non è una garanzia, anzi, a volte è una condanna all’oblio.
- Le idee che si perdono nei corridoi
Proposte artistiche scartate, scalette cambiate all’ultimo, artisti che avrebbero potuto esserci ma non ci sono stati. Il Sanremo che non è mai stato trasmesso, quello che esiste solo nelle ipotesi e nelle indiscrezioni.
- Il pubblico che invecchia ma non cambia
Perfetto, è stato un bel viaggio nel cuore (e nei meandri più oscuri) di Sanremo!