Lo studioso siciliano Anselmo Madeddu avrebbe portato altra acqua al suo mulino, e a quello dei siciliani, sull’appartenenza morale e storica dei Bronzi di Riace. Maleddu avrebbe trovato altri indizi e prove grazie alle quali sul viaggio delle opere: le pregevoli sculture sarebbero state rinvenute nel mare di Brucoli un anno prima della scoperta nel mare di Riace e lì trasportati da picciotti di mafia su disposizione dei boss, in un contesto di mercato archeomafia. Approfittando dell’irresistibile ascesa della ‘ndrangheta e del declino di Cosa nostra? I bronzi, inoltre, stando alle scoperte di Maleddu sarebbero stati in realtà tre, ma uno sarebbe stato venduto e inviato all’estero. E gli altri? Affondati, durante l’attesa in mare di compratori. Il gruppo scultoreo, infine, avrebbe rappresentato il tiranno di Siracusa Gelone e i suoi due fratelli della famiglia dei Dinomenidi, il cui potere è nato e cresciuto a Gela.
Fra i casi più eclatanti in materia di identità rubate, è ancora pendente il processo-indagine su William Shakespeare, che apparterebbe ad un messinese, come suggerirebbe la traduzione italica del cognome. La “causa”è stata aperta un secolo fa, più o meno, e non ha trovato una soluzione soddisfacente.
Rimarrà pendente anche la querelle fra Brucoli e Riace, per la quale tuttavia si suggerisce, sottovoce, un accordo onorevole fra le parti: una semestralità a ciascuno dei contendenti potrebbe essere un accettabile gentlemen agreement. Quanto a Shakespeare, l’entente cordiale è assai improbabile. Strappare agli inglesi un genio come Shakespeare, sarebbe come privare gli italiani di Cristoforo Colombo o Dante Alighieri.