Giorgia Meloni ha aggiornato un vecchio insulto rivolto alla sinistra italiana, e non solo, definendola “la sinistra al caviale”, per segnalare, naturalmente, la sua vicinanza al popolo, che di questo pregiato cibo non lo vede mai a tavola. Nel Ventennio Benito Mussolini, senza giri di parole e senza distinzioni, chiamava “culturame”, di area politica perché la sinistra che gli dava fastidio, era composta da intellettuali in esilio o al confino. Nell’Italia repubblicana, per misurare a distanza della sinistra dal popolo è stata coniata una espressione che ha fatto epoca: la sinistra da salotto, che significa la stessa cosa.
La “sinistra da salotto” veniva utilizzata per descrivere politici e intellettuali di sinistra di essere scollegati dalla vita reale e più inclini ai dibattiti e alle discussioni teoriche nei salotti borghesi che ad agire concretamente per il popolo. In Italia, figure della cultura e dello spettacolo sono spesso state associate a questa etichetta, ritenute simboli di una sinistra distaccata e privilegiata.
Una variante di questa espressione è l’appellativo di radical chic, coniato per rimproverare diagnosi politiche elitarie. Il copyright però spetta al giornalista americano Tom Wolfe, che la resa celebre; in Italia è stata adottata sia dagli avversari che dagli stesi ambienti della sinistra (comunista, per lo più) per criticare intellettuali e personaggi progressisti che sostengono cause popolari pur mantenendo uno stile di vita benestante e distaccato dalle classi più umili.
Più recentemente, in una fase assai opaca per l sinistra, ci si è serviti della limitazione del traffico in down town, l’arcinota Ztl per segnalare la location del consenso a sinistra. Nell’ultimo decennio, l’espressione “sinistra ZTL” si è diffusa per indicare una sinistra “concentrata” nei quartieri a traffico limitato delle città, dove risiedono le élite urbane. Questo termine è stato spesso usato in senso ironico per rappresentare la sinistra come un gruppo urbano e benestante, che gode dei privilegi cittadini lontani dai problemi delle periferie.
Il buonismo, attribuito alla sinistra, è un’altra freccia all’arco della destra populista. Nasce come critica contro una sinistra ritenuta “troppo tollerante” verso determinate questioni sociali, come l’immigrazione, l’integrazione o il perdonismo in politica. Spesso il buonismo viene ricordato in toni sarcastici per sottolineare un atteggiamento giudicato ipocrita. E’ stato utilizzato da politici come Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, e si è fatta largo nel linguaggio politico degli anni 2000 e successivi, diventando un classico nelle campagne contro il “buonismo di sinistra”.
Nel novero bisogna accogliere anche i “compagni milionari”, un appellativo ironico che punta il dito contro la presunta ipocrisia di esponenti della sinistra abbienti o con grandi patrimoni, considerati lontani dai problemi del popolo pur proclamandosi difensori degli operai e delle classi meno fortunate.
Dal dispregiativo del Ventennio, il culturame, ai compagni milionari, si è compiuto un percorso faticoso per la sinistra e costellato di qualche successo da parte della destra, che non è mai riuscita a scrollarsi da sé l’accusa di “fascismo”, della quale ha scelto di non difendersi compiutamento, visto che la Premier, Giorgia Meloni, nata con la Fiamma tricolore dell’MSI, erede dei “valori” del Ventennio, non ha mai voluto definirsi antifascista.