Il senatore si alza in piedi, si stringe i fianchi, guarda gli appunti sul banco, un lieve sorriso, sembra appagato, ha l’aria di chi ha pescato un numero vincente della lotteria. Rivolge il suo ringraziamento Al Presidente dell Senato, che gli ha dato la parola, ed avere ascoltato attentamente il Ministro che ha risposto alla sua interrogazione, ha diritto di replica. “Sono soddisfatto”, dichiara, senza mostrare alcuna sorpresa per il compiacimento. “Non dubitavo”, prosegue lieto, “conosco da tempo il Ministro, fa il meglio…”. E si scioglie in un’adulazione dell’interrogato. Tutto nella norma?
Il senatore appartiene allo stesso schieramento politico del Ministro e vanta una frequentazione, della quale fa menzione con parole appropriate e caute. Non meraviglia, considerato le lodi che gli ha elargito. Ciò che meraviglia è ben altro. Domanda e risposta si svolgono nel corso del question time, che il servizio pubblico della Rai propone tre giorni la settimana con ammirevole puntualità da alcuni anni, e per il tempo concesso, seleziona gli interventi, secondo criteri che sfuggono alla nostra comprensione.
E’ una buona cosa che il servizio pubblico offra questo spaccato dell’attività parlamentare, perché, l’istituzione più rappresentativa della democrazia, il Parlamento, autorizzando la diretta televisiva, regala agli spettatori, dietro i teleschermi, di partecipare allo svolgimento di una delle funzioni più importanti, l’attività ispettiva, con l quale deputati e senatori fanno i cani da guardia del popolo. Gli strumenti sono noti: interrogazioni, interpellanze, mozioni ed ordini del giorno.
Il question time, nato nel Regno Unito, svolge il delicatissimo compito di far sapere agli italiani come lavorano coloro che siedono negli scranni del Parlamento, per mandato dei cittadini votanti (e indirettamente, per conto terzi, i cittadini che non votano).
Chi interroga vuole sapere, conoscere fatti, episodi, comportamenti e circostanze opggetto della loro attenzione, che coinvolgono i membri del governo e la gestione della cosa pubblica. Non è importante che sia chiamato direttamente in causa il governo, che cioè la colpa di un fatto, meritevole di essere indagato, sia ascrivibile ad una azione di uno dei componenti del governo: questo ne risponde comunque, perché fra i suoi doveri c’è la vigilanza, l’attività di intervento nei casi di omissione. Responsabilità oggettiva, insomma.
Il parlamentare interrogante, che viene a conoscenza di una vicenda, episodio, azione di interesse pubblico, dall’altra parte, ha il dovere di denunciarlo, pretendere informazioni veritiere sullo stesso e richiedere un intervento che sani la condizione denunciata. Se l’interrogazione richiede la conoscenza, l’interpellanza pretende l’intervento.
Poiché l’attività ispettiva, unitamente all’attività legislativa, costituisce una delle due funzioni del parlamentare, il question time è il format televisivo con il quale i cittadini hanno l’occasione di partecipare alla politica. Attraverso di esso, infatti, acquisiscono elementi utili per esprimere con il voto il loro giudizio alle urne.
L’audience non è alta, e qualche ragione c’è: si corre il rischio di assistere ad una pantomima nella sede della massima istituzione democratica, meritevole di rispetto, considerazione e attenzione.
Il senatore soddisfatto, a prescindere, che ha occupato cinque minuti del question time per esprimere il compiacimento per l’efficienza del Ministro, non regala allo spettatore interessato una testimonianza della sua solerzia, ma lascia sospettare piuttosto che abbia voluto elargire, davanti a migliaia di telespettatori, una pagella lodevole, nell’auspicio che sia condivisa. Niente a che vedere con l’attività ispettiva, di controllo e vigilanza, che ogni deputato e senatore, a prescindere dal gruppo parlamentare e dall’appartenenza alla maggioranza di governo o all’opposizione, ha il diritto-dovere di svolgere. Quando avviene che un deputato si appropria del tempo dedicato all’attività ispettiva nell’ora del question time televisivo, per compiacersi di apprenndere ciò che sa, compie un atto di comparaggio politico, del quale il telespettatore cittadino-elettore accorto dovrebbe prendere nota. Non solo a futura memoria.