Non mescoliamo i popoli che rappresentano l’eccellenza dell’umanità, il popolo ebraico e quello russo, con i loro padroni di oggi: Netanyahu e Putin non ne rappresentano i valori, la cultura, le qualità. La diaspora e i pogrom, gli ebrei d’Israele sono riusciti a trasformare una striscia di terra in uno Stato democratico ricco e potente, l’unico in quella regione del mondo. Un miracolo, da conservare e da proteggere. Putin guida un grande Paese che non ha conosciuto la democrazia, ma ha fatto la storia politica e culturale dell’umanità e, fatta una breve ed insensata parentesi, così breve da non consentire i tempi per la nascita di una società civile ordinata, giusta e partecipata. Lo zarismo latente e una figura dominante, cresciuta nei servizi segreti sovietici, vedova dell’impero comunista, hanno riportato indietro la storia, riportando i n auge i cavalli di frisia e la cortina di ferro in Europa. Un. gigante povero, che fonda sulla forza e la paura, all’interno ed all’esterno, la sua sopravvivenza, e che è costretto a subire un’alleanza stando in seconda fila.
I due leader hanno in comune aggressività, violenza distruttiva, cinismo disumano, la sindrome dell’accerchiamento ed il tratto risolutamente vendicativo delle azioni. Il capo del governo israeliano ha “vendicato” il suo popolo, vittima di una strage ignobile, il terribile 7 ottobre, uccidendo quasi cinquantamila uomini donne e bambini palestinesi. IL diritto a difendersi si è trasformato in furore belligerante, che non distingue fra nemico, il terrorismo di Hamas, ed un popolo, quello palestinese, succube di entrambi le parti in armi.
Vladimir Putin non ha esitato a mandare al macello mezzo milione di giovani russi in Ucraina per una “operazione speciale” che avrebbe dovuto, nel breve volgere di alcuni giorni, ridare alla Grande Madre Russia, zarista prima e sovietica dopo, quel che gli apparteneva, l’Ucraina, una regione ricca, un popolo colto, un pezzo d’Europa. Oggi, per ottenere la vittoria, costi quel che costi,, spaventa, annichilisce, destruttura il mondo intero usando la minaccia atomica. Da due anni, costantemente, il Cremlino annuncia la fine del mondo, senza averne piena consapevolezza, o avendola e non sentirne il peso, morale, civile, politico.
Usare un’arma nucleare è come premere il grilletto di una pistola e spararsi in bocca, o al cuore, o alla testa, perché il risultato non cambia. Putin sa che la Russia verrebbe cancellata se facesse partire i suoi missili nucleari, eppure minaccia, ammonisce, promette e lascia intendere di non deflettere. Suicidio, dunque, con l’aggravante di un gesto che trascina l’umanità alla fine. Le testate pronte all’uso sono più di tremila in Russia; l’Occidente – Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, ne ha di più, ma basta una manciata di quegli ordigni micidiali per segnare il destino del pianeta.
Non c’è mai stata tanta arroganza, tanto cinismo e tanta immoralità, nemmeno nei tre decenni del cosiddetto equilibrio del terrore, quando l’Occidente e l’Unione Sovietica si confrontavano ogni giorno nella lunga stagione della guerra fredda. Nemmeno l’impero comunista dei soviet è arrivato a tanto. L’oligarchia dei soviet aveva ebbe più ragionevolezza e misura. Gli uomini soli al comando accrescono esponenzialmente ogni pericolo, ogni prepotenza, ogni male.
Putin tradisce il suo popolo, lo condanna all’irrilevanza, all’odio del nemico. Netanyahu tradisce del pari il suo popolo, consegnando la democrazia al fondamentalismo ortodosso, che lo sorregge, e svendendone la memoria. Taccia di antisemitismo chiunque ostacola la sua operazione di annientamento del “nemico”, perfino le massime organizzazioni internazionali: Nazioni Unite e Alta Corte di Giustizia dell’Aia. L’eredità della shoah cancellata dal furore bellico insensato arabo, Israele percepito come una macchina da guerra. I giudici dell’Aia hanno spiccato contro di lui un mandato di arresto, come avevano fatto nei confronti di Putin accusato di avere deportato ventimila bambini ucraini in Russia.
L’assedio morale del mondo non scalfisce i Cavalieri dell’Apocalisse. Il mondo invoca la pace, sapendo che avrà il sapore amaro di una sconfitta, perché sancirebbe la vittoria del più forte, perciò foriera di nuove guerre di conquista.
(Immagine, la fonte è il Corriere della Sera)