Cittadinanza è una bella parola, nasce alla fine del Settecento ed ha come vigorosa levatrice la Rivoluzione francese. Cittadinanza significa che ogni persona è uguale difronte allo Stato, ha gli stessi diritti e gli stessi doveri. Non ci sono più gli aristocratici ed il popolo, non il re e i sudditi, non le caste e le corporazioni. Ci sono i cittadini, e tanto basta per definire una comunità. Cittadinanza è una parola democratica, la più democratica delle parole, Cittadinanza non è etnia, non è una nazione, non è una religione. Non è Dio, Patria, Famiglia. E’ un criterio di appartenenza molto più giusto, molto più vasto, molto meno divisivo. Michele Serra su la Repubblica (25.9.24) così plaude al successo della raccolta di firme per cambiare la legge che limita la cittadinanza agli immigrati. In una manciata di giorni sono state raccolte più di mezzo milione di firme. Un successo effimero, o il tema polarizza politicamente l’opinione pubblica aldilà del merito, facendo sì che a prevalere sia la cordata, insieme alle paure e l’insofferenza verso il diverso?
L’apologia della cittadinanza, del tutto meritata, riflette un desiderio diffuso di integrazione e di riconoscimento dell’uguaglianza, valori che sono alla base della stessa idea di cittadinanza. Tuttavia, la questione non è priva di tensioni e resistenze. Se da una parte prevale la volontà di includere e riconoscere gli immigrati come parte integrante della società, dall’altra parte persistono timori e pregiudizi che polarizzano il dibattito politico e sociale. La cittadinanza, infatti, non è solo un concetto giuridico, ma anche un simbolo identitario che può essere facilmente strumentalizzato dalle varie forze politiche.
Il successo della raccolta firme potrebbe essere confermato dalle urne con il referendum ma non è scontato. In un contesto politico polarizzato, i temi legati all’immigrazione tendono a essere divisivi, e molte forze politiche, cavalcando le paure legate alla sicurezza, all’identità culturale e religiosa, possono alimentare una narrativa di diffidenza verso il diverso.
Gli italiani di pelle scura o di religione diversa sono, a tutti gli effetti, una parte crescente della società italiana. L’accoglienza o il rifiuto dipenderanno da come il dibattito politico e sociale evolverà nei prossimi anni, ma soprattutto dalla capacità di creare una cultura della convivenza e della cittadinanza che sappia superare le barriere dell’etnia, della religione e della nazionalità.
Proviamo a fare uno screening delle posizioni politiche.
I partiti di destra e centro-destra, come Fratelli d’Italia (FDI), Lega e Forza Italia, tendono a mantenere una posizione conservatrice e restrittiva su temi legati alla cittadinanza e all’immigrazione. Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni ha una posizione molto netta contro una cittadinanza più inclusiva. Il partito insiste sulla necessità di tutelare l’identità italiana, opponendosi a proposte come lo ius soli o lo ius culturae. Questi temi sono considerati pericolosi perché favorirebbero, una “sostituzione culturale”. Meloni ha più volte sottolineato che la cittadinanza non dovrebbe essere concessa automaticamente, ma deve essere il risultato di un lungo e complesso processo di integrazione.
La Lega di Matteo Salvini, storicamente vicina a politiche anti-immigrazione, condivide questa visione. Salvini ha fatto della lotta contro l’immigrazione irregolare e della difesa dei confini nazionali uno dei punti centrali della sua politica. Il partito si oppone fermamente a una cittadinanza facilitata per gli immigrati, specialmente in merito a leggi come lo ius soli, e spesso fa leva su temi legati alla sicurezza e al controllo dell’immigrazione come parte integrante della sua campagna politica.
Forza Italia, pur condividendo la linea della destra in molti aspetti, adotta spesso un approccio più moderato. Berlusconi e i suoi alleati riconoscono la necessità di una gestione dell’immigrazione più controllata, ma allo stesso tempo sembrano aperti a riforme che facilitino l’integrazione, senza però scardinare i pilastri delle leggi attuali.
Le forze di centro-sinistra, come il Partito Democratico (PD), hanno una posizione più inclusiva e aperta riguardo alla cittadinanza e all’immigrazione. Il Partito Democratico (PD) sostiene politiche di inclusione per gli immigrati e ha proposto più volte la riforma della legge sulla cittadinanza, promuovendo lo ius soli temperato o lo ius culturae, che consentirebbe ai figli di immigrati nati o cresciuti in Italia di ottenere la cittadinanza più facilmente. La convinzione di base è che chi cresce e si forma in Italia debba essere considerato italiano a tutti gli effetti. Il PD ritiene che l’integrazione debba essere incentivata, e che una società multiculturale arricchisca il Paese, piuttosto che impoverirlo.
Il Movimento 5 Stelle (M5S), soprattutto nelle sue prime fasi, ha avuto una posizione variabile sull’immigrazione e la cittadinanza, oscillando tra toni più rigidi e aperture. Negli ultimi anni, il M5S ha adottato una linea più pragmatica, cercando di mediare tra la necessità di gestire l’immigrazione in modo controllato e l’importanza dell’integrazione. Sul tema della cittadinanza, il Movimento si è mostrato più aperto rispetto alla destra, anche se tende ad essere meno proattivo rispetto al PD nelle proposte di riforma. Sotto il governo Conte, il M5S ha collaborato con la Lega, approvando misure più severe in materia di immigrazione, ma in seguito ha assunto un atteggiamento più progressista, soprattutto dopo l’alleanza con il PD.
I partiti di sinistra come Sinistra Italiana e i Verdi hanno posizioni apertamente favorevoli alla cittadinanza per gli immigrati e sostengono pienamente il riconoscimento della cittadinanza ai figli di immigrati nati o cresciuti in Italia. La Sinistra Italiana e i partiti della sinistra radicale ritengono che la cittadinanza debba essere un diritto di chiunque nasca o viva stabilmente in Italia, senza discriminazioni legate all’origine etnica o culturale. Inoltre, vedono l’immigrazione come una risorsa e spingono per politiche che garantiscano diritti e dignità agli immigrati, contrastando fermamente la retorica della “minaccia migratoria”.
Il Terzo Polo, formato da Italia Viva di Matteo Renzi e Azione di Carlo Calenda, adotta una posizione più equilibrata, sostenendo la necessità di riformare le leggi sulla cittadinanza, pur mantenendo l’importanza di controllare e gestire meglio i flussi migratori. Italia Viva è favorevole a riforme come lo ius culturae, promuovendo l’integrazione degli immigrati che dimostrano un effettivo radicamento nella società italiana. Renzi ha più volte affermato che l’Italia ha bisogno di politiche inclusive che guardino al futuro, specialmente per quanto riguarda i giovani stranieri nati o cresciuti in Italia. Azione di Calenda adotta un approccio pragmatico: è favorevole all’inclusione, ma chiede anche una gestione rigorosa dei flussi migratori per garantire la sicurezza e il controllo dei confini. Non si oppone a una riforma della cittadinanza, ma vuole evitare passi avventati senza un chiaro piano di integrazione.
Quanto contano le “parole d’ordine” dei partiti? Non lo so, rendere la legge più favorevole ai nuovi italiani, a mio avviso, sarebbe un salto di civiltà, oltre che il riconoscimento di un diritto a chi è nato, studia e lavora nel nostro Paese.