A questo si aggiungono le migrazioni, flussi inarrestabili di persone in fuga da guerre, povertà, regimi oppressivi, e dalla stessa crisi climatica. Non si tratta solo di numeri, ma di un fenomeno che ridefinisce interi territori, che mette a dura prova le strutture politiche e sociali, che sfida la nostra capacità di accoglienza e comprensione e subisce le strumentali, talvolta miserabili, bbisogni della politica politicante, come in Italia.
Sul piano politico, assistiamo al declino delle democrazie liberali, erose dall’interno da una tecnologia sempre più invasiva e manipolabile. L’intelligenza artificiale, con il suo potere di trasformare la produzione, la comunicazione, la stessa percezione della realtà, è nelle mani di pochi attori globali che ne guidano lo sviluppo secondo logiche economiche e politiche lontane dall’interesse collettivo. Le conseguenze sono potenzialmente devastanti: un controllo sempre più sottile e pervasivo delle nostre vite, una polarizzazione delle ricchezze e delle opportunità, un impoverimento del dibattito democratico, ridotto a slogan e semplificazioni.
Ciò che stiamo vivendo non è frutto di una visione apocalittica, ma una realtà complessa che richiede una riflessione lucida, scevra di illusioni e retoriche consolatorie. È necessario un cambio di paradigma, una nuova consapevolezza del ruolo che ciascuno di noi può e deve svolgere in questa fase di trasformazione epocale. Ma questo richiede prima di tutto la volontà di guardare la realtà per quello che è, senza veli, senza concessioni al facile ottimismo o al cinismo sterile. Ma l’onestà non si può costruire, pianificare, contrattare; nel migliore dei casi è il risultato di unna gerarchia delle priorità, che accetti rinunncie sull’altare della convenienza unanime.
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