Ballata del Giullare e del Nemico Perfetto
C’era una volta, un uomo irriverente,
con barba ribelle e linguaccia tagliente,
che urlava ai potenti: “Vaffa e vergogna!”,
e da piazze gremite scagliava la gogna.
Beppe il giullare, vate e padrino,
creò un Movimento col sapore divino:
popolo in rete, diretta democrazia,
e un blog che sparava parole e follia.
Attraversò lo Stretto, sfidò i mari e venti,
le sue parole furono proiettili ardenti;
prese la Sicilia senza esercito armato,
il Vaffa divenne grido consacrato.
Ma ecco che un giorno, per sorte beffarda,
si spense la fiamma, si ruppe la tarda.
Il Movimento, dai toni virali,
divenne partito coi patti cordiali.
E lì si palesa, in giacca e cravatta,
un uomo distinto, con calma compatta:
Giuseppe il Conte, il Nemico Perfetto,
un’antitesi viva, un contrasto diretto.
Dove Grillo grida, Conte sussurra,
dove Beppe incendia, lui spegne la burla.
Il guitto irriverente e il leader pacato,
un tandem bizzarro, mai conciliato.
Grillo guardava, con occhio affilato,
il suo vaffa morire, il sogno sgonfiato.
“Da piazza ribelle a poltrona romana?
Che fine indecorosa, che trama profana!”
Ma il giullare è eterno, è spirito vivo,
se perde la scena, diventa alternativo.
E mentre l’intruso, professore avvocato,
si fa capitano di un campo spianato,
Beppe ridacchia e prepara il commiato,
Da dietro le quinte, si finge acciaccato,
e studia il ritorno di garante rispettato.
“Se c’è un Nemico Perfetto, io faccio bagarre,
la spina da estrarre, protrarre, distrarre .”
Così si consuma la farsa geniale,
del padre, del figlio, del partito banale.
Una storia esemplare, una farsa italiana,
tra risata amara e scena profana.
E mentre si spegne la luce sul palco,
Grillo già pensa: “Che faccio, mi calco?”
Perché il giullare, si sa, mai riposa:
finché c’è una scena, la trama è ariosa
E l’Italia diviene teatro di posa.