Department of Governmente Efficiency, acronimo D.O.G.E.. Gli acronimi, talvolta sorprendono. Non seguono pedissequamente il titolo, il marchio, l’ente che vogliono annunciare; fanno un percorso imprevisto, ma convergente. Convergenze parallele, tuttavia, per citare l’illustre copywriter, Aldo Moro, che sapeva trovare la quadra, per restare nel campo della geometria, anche quando si trattava di una missione impossibile. Destini diversi, dunque, fra acronimo e marchio originale.
Le parole, e le loro combinazioni, hanno una vita propria: fortuna, sventura, crescita, decrescita, morte e, qualche volta, una resurrezione, seppur simbolica, “alla memoria”. Capita che l’acronimo sorpassi l’intera espressione, si conquisti un suo posto, una visibilità. E’ il caso del Dipartimento americano. DOGE senza la punteggiatura richiama un incarico pubblico che nella Repubblica veneta ha fatto la storia, ed in questa circostanza così densa di futuro, è impossibile non farne menzione.
Il Doge della Repubblica Veneta era il capo dello Stato e del Governo, a cominciare dal 667. Un monarca assoluto all’origine. Capita che il capo del D.O.G.E , Department of Government Efficiency, sia negli USA Elon Musk, cui viene accreditato un grande potere, simile virtualmente al Doge veneziano, ed uno speciale compito, rimettere in sesto l’amministrazione americana, alla quale prestano la loro opera più di cinque milioni di cittadini statunitensi.
Ma più a prepararsi a questo compito immane, il Doge americano, Elon Musk, rivolge la sua attenzione a tutt’altro: bacchetta l’Italia per i giudici che sarebbero da cacciare, assegna una patente di stupidità al cancelliere Scholz, sa sentire la sua voce a Zelensky ed all’ambasciatore dell’Iran presso le Nazioni Unite. Tratta affari, politica estera, burocrazia e tanto altro, come se fosse un “pacchetto” da mettere sotto vigilanza, trattare e risolvere. Nel frattempo i suoi satelliti, i celebri Starlink, aiutano i belligeranti, Russia e Ucraina, a scannarsi a vicenda, perché lui ha due dogmi: la libertà di espressione non può avere limiti, e in guerra gli affari pretendono la neutralità. E chi, meglio di chi vendere aggeggi militari o paramilitari, non conosce questa condizione irrinunciabile? E’ tanta roba, sicché la memoria storica non è campata in aria. Le ragioni le illustreremo presto.
Per intanto sappiamo che il DOGE USA spaventa tanta gente per una serie di buoni motivi. Burattinaio, Eminenza grigia, Presidente ombra, Fratello Grande o Trusk (Trump & Musk): gli hanno affibbiato ogni vessillo per annunciare che d’ora in poi si dovrà avere a che fare con lui. E con Trump? Certo, anche con Trump: è lui il Presidente e ha in mano la più potente nazione del mondo. Elon però ha i satelliti, le relazioni con i partner belligeranti, gli strumenti per far sapere tutto a tutti, per insinuare sospetti, pensieri, fatti, news e fake news quando e come vuole. E’ per questo che lo temono, amici e nemici, e si guardano attorno.
Ritorniamo al Doge della Repubblica Veneta. Che c’entra, solo una similitudine, un casuale accrocco fatto di termini e parole? Poco e niente, memoria storica? Qualcosa va ricordata. Il Doge veneziano non aveva davvero limiti al suo potere, era un monarca assoluto, ma questa condizione, nel tempo, non fu affatto accettata dall’aristocrazia mercantile che ha fatto le fortune di Venezia. Così gli affiancarono dei consiglieri, che furono chiamati “corriggenti”. Avevano il potere di correggere le decisioni del Doge. Gradualmente, ma inesorabilmente, il Doge perdette i suoi poteri, perché chi ha il potere di correggere, fatalmente, ha il timone in mano e sceglie la rotta. Divenne così un Serenissimo, ingabbiato nel suo ruolo simbolico e perfino malpagato.
Il Doge di ieri non ha nulla a che vedere con il D.O.G.E di oggi, sulla carta plenipotenziario USA. Musk, che ha studiato la storia, appena qualche giorno fa, consigliando agli italiani di cacciare i giudici che fanno danno, dopo avere ricevuto un rimprovero dal Presidente della Repubblica italiana, Mattarella, per il suo consiglio non richiesto, ha fatto una stringata diagnosi sulle sue opinioni in materia di amministrazione della giustizia: i giudici italiani, ha osservato, sono autocratici, cioè non rispondono al popolo delle loro decisioni, mentre negli Stati Uniti sono eletti dal popolo. Non meraviglia che sia questo il suo cruccio. Se le cose non stessero così, Donald sarebbe ospite delle patrie galere, deve alla gratitudine di quei magistrati, nominati membri dell’Alta Corte, se è l’uomo più libero del pianeta terra, perché dove è stato deciso che i tanti guai giudiziari di Trump, ancora aperti o giudicati con condanna, siano congelati per l’intero mandato presidenziale.