Il Federalismo solido e ben pensato e orgoglioso ma non supponente, rispettoso dell’unità nazionale, nacque in Sicilia con uno Statuto speciale che anticipò la Costituzione e pose un tassello nella costruzione di una democrazia moderna, che coniugasse patrimonio comune e diritto all’autodeterminazione, storia e urgenze del presente, cooperazione e sviluppo, attraverso anche una radicale riforma burocratica territoriale. Un colpo di maglio al fascismo ed alle gravi assenze dello Stato italiano prefascista, un abbraccio ideale e politico con il riformismo popolare e socialista di fine Ottocento in Sicilia. I siciliani riprendevano in mano la loro storia. Niente a che vedere con il federalismo secessionista che dagli Anni Novanta fino ai nostri giorni il leghismo padano con i suoi riti pagani, la cui ambizione è stata di rappresentare “l’Italia che produce e si carica sulla spalle il Mezzogiorno parassitario ed indolente”. L’alba dell’Italia di oggi sorge in questo orizzonte livido ed ignorante, ma forte e sulfureo, che avrebbe segnato i destini del Paese.
Lo Statuto speciale della Regione siciliana viene collocato sul banco degli imputati e gli vengono addossate colpe che non ha commesso e non poteva commettere, perché non è mai stato attuato da coloro che avrebbero dovuto accoglierlo e farne uno strumento al servizio del popolo siciliano e del Paese.
Il cahier de doleance è fitto, una triste raccolta di occasioni perdute, di tradimenti, omissioni, che centinaia di saggi hanno narrato e investigato, scoprendo colpe, indicando responsabilità, infingardaggine, disamori. Su ogni nefandezza o indifferenza si posa l’ombra di una antica tara, il familismo amorale coniugato dal clientelismo endemico, condizioni – categorie di difficile catalogazione – che spiegherebbero una storia che costringe i siciliani a battersi il petto e sentirsi perennemente in colpa. Forse bisogna mettere i piedi a terra e chiamare le cose con il loro nome<. familismo e clientelismo competono da sempre fra loro in Sicilia, impossibile negarlo, lasciando spazi angusti al “patriottismo” statutario. Lo Statuto va tuttavia storicizzato ma non archiviato:
I padri costituenti siciliani (Aldisio, Alessi e altri), hanno regalato alla Sicilia un federalismo moderno ed intelligente che in buone mani e con un diligente reset avrebbe potuto rappresentare un volano di crescita. Lo Statuto è stato affossato dal centralismo romano (Alta Corte, Polizia ecc) prima e dal Parlamento regionale dopo, con coerenza e tenacia.
In prima linea nella rivendicazione dei privilegi che esso concedeva, l’Assemblea regionale ha rinnegato e sconfessato lo Statuto, realizzando il suo centralismo regionale (Province ed altro), perdendo alla fine su tutti i fronti. Chi pretese le carte in regola (Piersanti Mattarella) urlava alla luna e la sua solitudine politica spiega la sua tragica fine. Il declino culturale e politico della Sicilia è rappresentato dallo stato larvale della sua massima istituzione democratica, l’Ars, la cui irrilevanza è perfino irritante in considerazione della eccezionale rilevanza geopolitica dell’Isola (gas e petrolio, basi militari, hub planetario comunicazione ecc).